La speranza della testimonianza, di Giuliano Ladolfi
Finalista al premio P.E.N. Club 2006 nella sezione Lo scrittore più votato dagli scrittori, il romanzo della Tesi supera d’un balzo le mode momentanee per inserirsi su un filone di documentazione che non necessita né di fantasia né di invenzione, perché le vicende della vita continuamente ci sorprendono per la loro imprevedibilità. Con il vigore di una parola-testimonianza viene tracciato uno spaccato della società italiana dall’età del fascismo fino agli anni Ottanta, in un susseguirsi di guerra, di malattia e del sequestro patito dall’autrice stessa. Colpisce il lettore la pacatezza con cui si prendono le distanze da avvenimenti ancora vivi e sanguinanti nella coscienza, risultato raggiunto non solo per mezzo di una maturità umana, ma anche per mezzo di un esercizio stilistico che sa sbrigliare nel giusto limite la valanga del sentimento. I personaggi al di là del «cancello» lottano invano per scardinare la serratura, emblemi di una condizione esistenziale nella quale la realtà del limite ci imprigiona. Per questo anche la rappresentazione del sequestro si presenta ben lontana dai soliti colpi di scena finalizzati a concludere una vicenda, qui la veridicità del fatto si unisce ad un disegno generale capace di leggere la storia personale e generale in un interrogativo che trova nella speranza la conclusione: «Aperta l’ultima [porta, n.d.r.], uscimmo fuori ed entrammo in un grande giardino inondato di sole e pieno di alberi. Percepii un’aria diversa, più leggera e profumata, una fragranza mescolata di fiori. In fondo ad esso un cancello spalancato sembrava aspettare. Fu allora che lei lasciò la mia mano, senza voltarsi si avviò decisa e lo varcò. Da sola».