Un sistema di miti, di Marco Denti
Nell’infinita bibliografia dylaniana, che non smetterà mai di crescere, questo piccolo libro ha un posto tutto particolare perché Bob Dylan ci arriva nelle condizioni migliori, ovvero per vie piuttosto surreali e originali. La linea che lega i vari e numerosi spezzoni è infatti piuttosto obliqua rispetto alla consuetudine: non ci sono (soltanto) analisi delle canzoni, spunti biografici, recensioni più o meno mascherate da racconti, ma una serie di frammenti in chiave narrativa che hanno assorbito l’essenza di Dylan e cercano di dargli un profilo. A volte può essere pertinente e immediatamente riconoscibile, altre ancora può essere bizzarro e vagare tra le mille maschere che Dylan ha indossato (e indossa ancora oggi), altre ancora è più legato a quel “sistema di miti” come lo definì Sam Shepard di cui è stato interprete o più semplicemente all’affetto, alla passione e anche all’ossessione a cui non di rado conduce la materia dylaniana. Utile a capire l’impostazione che i curatori (Gianluca Morozzi e Marco Rossari) hanno voluto dare è anche l’agile postfazione di Alberto Sebastiani che, non a caso, si chiude con una bella citazione di Tarantula: “Se hai intenzione di mandarmi qualcosa, mandami una chiave, troverò la porta in cui entrare, dovessi provarci vita natural durante”. La porta da cui si accede a Dylan, qui, non è delle più banali e, anzi, è tra quelle che scorrono meglio.