E' finita la controra

16-01-2010

La carica dei neopugliesi, di Enzo Mansueto

Su queste stesse colonne, a inizio decennio, comparendo sullo scenario mediatico regionale, lamentavamo un deficit di visibilità della letteratura pugliese. Le scritture regionali, per un complesso incrocio di ragioni, che non sempre, ovviamente, riguardava la qualità intrinseca delle produzioni, stentavano a guadagnarsi una riconoscibilità nazionale. Angusto e marginale appariva anche il canone di autori che, con punte circoscritte di eccellenza, puntellavano il recente Novecento pugliese. Poi qualcosa è successo.
Complice un’ondata di rinnovamento, agitata non poco da sommovimenti politico-amministrativi, ma anche da una facilità a liberarsi dal fardello del regionalismo a tutti i costi, la nuova Puglia letteraria, in pochi anni, si è guadagnata la ribalta mass-mediatica. E se poco meno di dieci anni fa, pur con spirito provocatorio, qualcuno poteva a ragione affermare che l’Italia letteraria era senza tacco, da qualche tempo una tale ipotesi risulta improponibile. La Puglia, anzi, culturalmente fa «tendenza», e chiunque potrebbe citare un libro o un autore pugliese significativi. Non abbiamo qui lo spazio di approfondire la questione, nelle sue implicazioni critiche e non solo – per esempio intorno alle dinamiche delle «mode» culturali. Ma non possiamo non restare sorpresi di fronte ad un’operazione editoriale che, appunto, sino ad una manciata di anni fa, sarebbe stata impensabile: un’antologia esemplare della nuova narrativa in Puglia.
Tale è infatti la nuova proposta dell’editore leccese Manni, affidata alla cura del critico Filippo La Porta, che in più occasioni ha riservato pagine attente alla narrativa nostrana, intitolata È finita la controra. Un titolo che allude non troppo velatamente a quel discrimine che segna l’avvento di una nuova generazione di narratori: l’abbandono consapevole degli stereotipi linguistici e ideologici (la «controra» li assomma a sé) del meridionalismo letterario.
Diciannove autori nati tra il 1956 e il 1986 sono proposti al lettore con una snella selezione delle loro pagine più significative. Più che un’antologia, un campionario del prodotto letterario made in Puglia. Evidente è l’intenzione promozionale, in senso anche politico-culturale, dell’operazione, anche se essa, proprio alla luce di quella inaudita esposizione della cultura pugliese, in questi tempi, appare superflua. Tanto più che Filippo La Porta, dal quale ci saremmo aspettati una più sostanziosa riflessione critica sul fenomeno, si limita ad introdurre l’antologia con nove paginette, comunque utili a fare il punto, per grandi tempi oramai acquisiti sullo stato recente della critica letteraria: la varietà, pluralità irriducibile a correnti, motivata anche come riflesso di una varietà interna morfologica e antropologica; la condizione di frontiera che favorisce le lingue meticciate e i traffici interculturali, la mutazione antropologica da un mondo arcaico e contadino ad un laboratorio sfrenato del postmoderno; l’assenza di padri illustri, sostituiti da riferimenti esogeni e internazionali (il cinema, la musica, il fumetto, etc.); il pensiero «meridiano», nelle sue evoluzioni rivedute e corrette degli ultimi tempi.
Insomma, un provvisorio punto fermo su un fenomeno culturale che, per certi versi, ha già superato i provvisori tentativi di definizione.