Lo scaffale, di Antonio De Vito
Venti storie, venti racconti proposti al lettore dall’autrice nota per i suoi collage e le sue fotografie, un’intensa attività di creazione e di mostre, nonché di meditazioni poetiche che hanno prodotto tre raccolte nel tempo, intrise di ricordi e sofferenza e amore.
Lei è nata in Francia, ma dal 1968 vive in Italia, dove ha vissuto per anni a Firenze e Milano, prima di fare di Roma il centro della sua vita e del suo esistere come artista multiforme. Ed ora questi racconti, questi “nodi” di un lungo filo che – avverte l’editore – “descrivono sofferti meccanismi di seduzione e conflitto”. Non riveleremo le trame delle storie, quelle “sospese” e quelle “gentili”, quelle di coppie e quelle “perfide”, fino a quelle decisamente “cattive”, fino alla “storia ultima” intitolata Travaglio, il racconto di un fatto mostruoso, una di quelle “Cose al di là di ogni altra cosa”. Il protagonista svela: “C’era una donna. Bella giovane liscia leggera. Viveva la sua vita senza pensieri né turbamenti. Come un uccello che sfreccia inconsapevole e libero nel vuoto senza cancelli del cielo. Una donna sogno senza viso che ancora visita le mie notti e accompagna le mie ore vigili”. E’ solo l’incipit del fatto mostruoso, dell’angoscia visionaria e cruda che porta agli interrogativi finali: Perché io? Perché voi? Perché ora? Perché qui? Storia ultima paradigmatica, un pugno allo stomaco. Le altre parlano di nonni e giardini, di insonnia e di crisi coniugali, di mondo magico e di tracce. I famosi “nodi” del titolo, districati dalla Dzieduszycka a modo suo, con collage di sensazioni, di umori, di parole, di persone ed esperienze varie, storie anche difficili, intrise di pessimismo e di ordinaria quotidianità, “di incomprensioni e solitudini che sfociano gradualmente nella rabbia, nell’ironia, nella disperazione, nella fatalità. E alla fine – per dirla con le parole di copertina – il cerchio si chiude sempre”.