Elena Milesi, Alla riva

30-06-2005

Il mare è tempestoso, ma poi si giunge alla riva, di Ermanno Comuzio


Senza giri di parole, l’autrice di questo suo ultimo libro di poesie, vedova e musa del pittore Bepo Milesi, ci dice di avere avuto un cancro. "Non amiamo affatto nominarlo – riconosce – non è come dire infarto/ pronunziare cancro", ma la realtà va guardata in faccia. Fieramente, attraverso il dolore, superandolo con la forza dello spirito. È dura, molto dura. Ci si trova nei momenti più neri, "senza forze e voglie/ Disossata come medusa molle/ Delle cose amate oggi ci importa nulla". Le cure, i soggiorni in ospedale, le esperienze drammatiche fiaccano la volontà, giorno dopo giorno. Ai guai personalmente si aggiunge la promiscuità con gli altri malati. Un vicino di letto sente più gravosa la malattia che lo inchioda al letto per il perduto vigore fisico che fino allora lo aveva contraddistinto: "Vinceva gare e medaglie/ il maestro di sci/ nomina Mamma e si spezza in pianto". E le umilianti pratiche subite sul proprio corpo aggravate dal destino degli altri: "Novità?/ Sondini su per le fosse nasali/ e giù per la gola a pescare/ nel torbido profondo/ e la ragazza che senza più voce/ chiama aiuto./ Già sistemando il separé della morte".
Però è proprio in quei momenti che si deve invocare chi governa i destini dell’universo, che lo si deve pregare perché non ci si abbandoni. E ne siamo ricompensati, se abbiamo fede. Qualcuno ci aiuta ad uscire dall’acqua perigliosa e a raggiungere la riva. Elena Milesi testimonia in versi la sua personale esperienza ed alza un grido acuto di dolore e di rassegnazione che ci coinvolge irresistibilmente: sono versi brevi, duri, angolosi, decisamente distanti dalle dolcezze dell’afflato lirico e delle rime sonanti.
Sono la fede e l’amore-passione per la poesia, capaci di cauterizzare il dolore, che ce lo fanno fissare ad occhi asciutti, addirittura di considerare con sarcasmo alcune tappe e momenti terapeutici drammatici: "gli stivali di pezza/ e il berretto verde/ intonati alla sala operatoria", le statistiche del Servizio Sanitario, eccetera.
Irridere al proprio destino è una forma di difesa, non nascondersi e non rinunciare è motivo di orgoglio. Solo combattendo indomiti contro le onde ci si può voltare indietro, raggiunta fortunosamente la riva, e riannodare i fili della propria esistenza.