Elisabetta Cabona, Il velo di Maia

23-04-2011

Poesie in cui vibra il sentimento, di Fulvia Scarduelli
 

Un tono sommesso ma vibrante percorre il nuovo libro di poesie di Elisabetta Cabona, a lungo docente del Liceo Arnaldo e apprezzata voce poetica bresciana, come dimostrano i consensi di critica e i significativi riconoscimenti.
In quest’ultima silloge, edita da Manni come le precedenti quattro, vibrano i ricordi e le assenze di persone care scomparse da tempo; le stagioni colte nel loro avvicendarsi offrono attimi di gioia presto attenuati dal sorgere di un senso di vuoto. Niente consola, nemmeno una natura classicamente bella, nemmeno l’invocazione agli dei dell’Ade: la natura si rinnova ogni anno e riflette ricordi riscaldati da sorelle e nipoti, a cui è dedicato il libro, le perdite invece sono irreparabili.
Il famoso critico letterario Giorgio Bárberi Squarotti, nella postfazione sulla quarta di copertina, rileva l’inquietudine e la drammaticità con cui il tempo dell’esistenza si cala nella scansione delle stagioni e il trattamento dei particolari del paesaggio, diventati emblemi ansiosi di lucide domande su quanto accade nell’anima.
La lunga frequentazione dei classici traspare con evidenza nel tessuto delle citazioni, nel verso incisivo e composto, nella misura breve ma non epigrammatica delle liriche.
A Schopenhauer e Nietzsche rimanda invece il titolo della raccolta, assunto in chiave problematica in quanto porta a chiedersi: il velo di Maia riesce ancora a nascondere ed attenuare la nuda realtà oppure è pieno di strappi?