La forza lieve della poesia, di Piera Maculotti
Fermare l’attimo del Sogno. Ritrovare intatta la Bellezza. Svelare l’incanto della Natura. Con la forza lieve della poesia, luminosa sfida al tempo che corre, scompone, inganna. E’ Il velo di Maia (Manni pp.115 €13), l’ultima silloge di Elisabetta Cabona, limpidi versi che rivelano orizzonti di luce e di senso, disegnati da uno sguardo pacato e attento, teso a ricomporre in unità i “dispersi frammenti” del nostro arduo cammino.
Tutto fugge e si trasforma in fretta: distacchi, abbandoni, attese, tra nubi nere, ombre, “caotici risvegli”... Metafore vive, “emblemi ansiosi delle lucide domande del senso di ciò che accade nell’anima” ha scritto Giorgio Bàrberi Squarotti a commento di queste poesie.
Strofe che hanno l’eleganza misurata di rapidi voli o di passi - lenti o svelti, sempre leggeri - dentro l’aspra sostanza del vivere. Docile “ospite” di uno stretto mondo precario, l’io femminile che anima queste rime sa guardare oltre, assaporare altro, inventare varchi: “magici spazi/ di indecifrabili richiami”, remoti silenzi e poi “segrete porte” cui bussare. Apriranno gli “inflessibili dei” dell’Ade? Troverà un approdo l’inquieto “vano ricercare”?
Ma sugli interrogativi sono i “punti fermi” a prevalere. Un vecchio tronco che rigermoglia, i trilli di un merlo, amareni, mandorli, melograni o il sapore del Natale tra i monti con le nevicate e il “caldo condiviso della casa”. La “voce ridente” dei familiari scomparsi è luce chiara, rasserenante. Affetti saldi come baluardi, metafisici ritorni, amorose corrispondenze. Anche con la natura, i suoi colori, sapori e tutti i suoi segni, che - con soave “incredula meraviglia” - Elisabetta Cabona attraversa per giungere a una “concordia con le cose” e alla “misteriosa armonia” che è cifra della sua poesia.