Una coraggiosa protesta contro il nazismo, di Amelia Valtolina
In quell’inizio di Novecento che vide l’arte, in Germania, rivendicare per sé la verità della visione, Else Lasker-Schüler non esitò a schierarsi dalla parte del sogno, riconquistando alla poesia la sua vocazione utopica. Tutto ciò, con il rischio di essere fraintesa, intesa soltanto quale personaggio eccentrico, come pensava di lei Kafka, una di quelle apparizioni che, nella Berlino degli anni Venti del Novecento, faceva una parte scontata nel variopinto teatro della vita artistica. A dissipare simili pregiudizi non bastò neppure la fortuna critica delle sue poesie e dei suoi romanzi, che soprattutto a partire dagli anni Settanta suscitarono tanto interesse nelle discussioni sulla cosiddetta “scrittura femminile”. Soprattutto i versi di Else Lasker-Schüler restano ancora da scoprire. Un aiuto viene ora dalla pubblicazione della sua ultima raccolta lirica, Il mio pianoforte azzurro, apparsa a Gerusalemme nel 1943. L’edizione, con testo tedesco a fronte e a cura di Fernanda Rosso Chioso, alla quale si deve anche l’ispirata traduzione italiana, comprende una delle più coraggiose proteste contro la Germania nazista, i versi azzurri e sconsolati della lirica che dà il titolo alla raccolta e che consente di comprendere perché Gottfried Benn riconobbe in Else Lasker-Schüler “la più grande poetessa che la Germania abbia mai avuto”.