Convince Partenze l’esordio poetico della giovane napoletana Enza Silvestrini. Perché ci sono poesie indotte da narcisismo inutile e liriche che partendo dal vuoto del reale - in questo caso da perdite familiari – restituiscono “parola, ritmo, forma, l’individualità di un’esperienza comune, patrimonio radicato nel passato della lingua ed aperto alle voci del futuro”. Questo fa risaltare la prefatrice Marina Giaveri che disegna una storia dell’utilità della poesia in relazione alle varie partenze della vita e della storia.
La Silvestrini – nel diario doloroso che lascia “una nuova lucidità, un lago di realtà in cui non è sopravvissuta un’onta di illusione”; conseguente alla perdita del padre e di un figlio – ci mostra il vano sforzo della scienza medica, inutile e pervicace, e disegna la parabola vitale del padre “oramai così maturo, da non avere bisogno di alcuna esteriorità”: dopo il supremum exitus c’è il racconto della sepoltura e la riflessione sulla caducità dei corpi che “allentano ogni ragione”.
Ma l’autrice compie anche una sorta di viaggio interiore a ritroso, un ritorno all’origine, alla sua trasformazione di donna che si scopre fortemente impregnata sulla summa dei difetti paterni. Con una lingua classica ma non barocca la Silvestrini si muove dunque lungo l’intero percorso umano, che comprende insieme “l’origine e la fine”.