Erminio Risso, Laborintus di Edoardo Sanguineti

05-02-2007

Uno storico esaurimento nervoso

Da poco nelle librerie una nuova edizione di Laborintus di Edoardo Sanguineti, pubblicata da Manni e curata e annotata da Erminio Risso. Quest’opera, esordio di Sanguineti edito nel 1956, fondamentale per il Novecento e pressoché unica nel mettere l’Italia, prima dell’avvento deflagrante del Gruppo 63, in dialogo con le scritture sperimentali di tutta Europa, non era non più disponibile, se non in estratti presenti in varie antologie, da diversi anni. “Segnalibro”, il più recente volume che la conteneva, è fuori catalogo da molto tempo.
La forza di quest’esordio va identificata nella capacità di Sanguineti di coinvolgere nella sua scrittura magmatica e nei suoi esperimenti di automatismo procurato le convenzioni del linguaggio intellettuale considerato come linguaggio collettivo. Da qui la risposta spigolosa ad Andrea Zanzotto, che considerava Laborintus una “sincera trascrizione di un esaurimento nervoso”. Per Sanguineti quell’esaurimento era storico, non individuale.
La dissoluzione del linguaggio presente nei testi di Sanguineti in Laborintus è la registrazione della messa in crisi del ruolo dell’intellettuale, collocato tra parentesi dalla potenza incontenibile del capitale. Il discorso del soggetto sociale redivivo è letteralmente privo di senso, frammentato, tautologico e caotico.
La difficoltà di decriptazione del testo è alleviata dalle note di Erminio Risso. Un’occasione per entrare nell’universo poetico di Sanguineti partendo dal suo primo tassello, caposaldo imprescindibile per afferrare pienamente l’evoluzione del secondo Novecento poetico italiano.