Il mistero dell'esistenza, di Roberto Ciambra
È un libro singolare questo di Eugenia Tantucci, una studiosa e scrittrice che in questi anni si è segnalata in campi della nostra vita culturale (è segretaria, tra l’altro, di una istituzione benemerita nel campo della promozione della lettura come l’Unione Lettori). Un percorso scandito sul filo della memoria dipana alcuni racconti brevi e una serie di poesie. È una memoria dolente quella che dispone i testi in prosa, sia che rievochino episodi dell’infanzia dell’autrice sia che disegnino figure note della cronaca politica o della letteratura.
Tra questi, due ritratti emergono con particolare forza ed evidenza emotiva. Nel primo, Bruna e il vecchio poeta, il ricordo ritorna all’incontro con uno degli scrittori più intensi della letteratura italiana del secondo dopoguerra, Giorgio Bassani.
La Tantucci ha modo di vederlo nella casa dell’amica Bruna, che ebbe con lo scrittore un lungo e profondo sodalizio. Di Bassani la sua narrazione coglie la fase incerta e tormentata degli ultimi anni di vita. “Ora i suoi movimenti si facevano più lenti, impicciati dal fisico appesantito e dalle infermità” (p. 39). Vengono descritti con pochissimi cenni i caratteri dell’impegno letterario dell’autore de Il Giardino dei Finzi-Contini, ma soprattutto la sua fisionomia umana che la delicatezza della scrittrice sa tratteggiare con discrezione e luminosità.
In un altro racconto, sono rievocati gli anni tragici del terrorismo e del rapimento di Moro, attraverso la figura di una giovane studentessa che ha un rapporto difficile con la scuola. La giovane Anna Laura (questo è il nome) non si adatta ai ritmi della vita scolastica e vive tutte le insofferenze, le ribellioni di quegli anni. Il finale del racconto ce la mostra – drammaticamente – come una delle brigatiste coinvolte nel rapimento dello statista. Rimane insoluto il mistero di una vita che si è mostrata agli altri solo in una dimensione superficiale, nascondendo la parte più oscura di sé.
In questi testi non ci sono appesantimenti sociologici. Il tono è più lieve e fermo, teso ad evocare il mistero dell’esistenza: il tempo che passa, le vite che spesso sembrano consumarsi senza senso. La scrittura della Tantucci lavora molto per sottrazione di effetti: disegna una trama fatta di chiaroscuri, con toni sempre sommessi che non cadono mai nel sentimentalismo.
Come recita una delle poesie, che fanno da efficace contrappunto alle diverse storie, il sentimento prevalente è di una lucidità consapevole, che a volte richiama lontani echi montaliani. “Non v’è assenso / non v’è condanna / solo il male di vivere” (p. 22).