Un classico salentino, di Enzo Mansueto
Fernando Manno fu intellettuale significativo nel secondo dopoguerra, capace di portare con discrezione la salentinità nei salotti più significativi e nei ridefiniti canali culturali di un’Italia in via di ricostruzione. E di esportarla, soprattutto, grazie alla sua encomiabile attività per gli Istituti di Cultura Italiana nel mondo.
Il libro Secoli fra gli ulivi, che precede di un anno la morte prematura dell’autore, compendia la stratificata cultura di Manno. Né romanzo, né diario, né saggio, ma narrazione avvolgente, individuale e collettiva, alla sua comparsa il testo risultò di ardua classificazione. E tuttavia non mancò di imporsi, negli anni successivi, quale riferimento irrinunciabile in ogni discorso sulla identità culturale del Salento. La riedizione, oggi, del libro risulta dunque quantomai opportuna, sia perché contribuisce nobilmente a soddisfare le attenzioni allargate che da qualche tempo si concentrano sul tacco dello stivale, sia perché oggi quella scrittura, fatta di psicogeografie, di scavo memoriale dei luoghi, di narrazione insieme enciclopedica e romanzesca, appare innovativa, estremamente contemporanea.
Annota Errico nella sua introduzione: “Dopo essere stato un libro di studio, per me è diventato un libro interiore: uno di quei libri – e non sono mai molti – che improntano, conformano e mediano la relazione con la terra, con la sua Storia, con le sue storie, con la sua gente, con il linguaggio, con le passioni. Ho ripreso Secoli fra gli ulivi con quella sorta di distanza che si avverte quando si pensa di conoscere un libro a memoria, di sapere a quale genere appartiene, qual è la sua natura profonda. Invece ho letto un libro nuovo”.
Con agili e densi capitoli, alcuni organizzati in sezioni, come il bestiario della Fauna del cuore, il libro passa attraverso etimologie (esemplari le riflessioni sulla parola Ppòppetu), oggetti contadini, paesaggi, usanze, luoghi culturali, microstorie, oralità leggendarie e tanto altro, accumulando strati e pieghe in un impianto che non può non rimandare alla matrice barocca di quella terra. Anche per quella dominanza dello sguardo, della visione, dell’immagine sovraccarica, che la scrittura mimetica di Manno interpreta. Una scrittura visiva del territorio: non però una guida d’autore, piuttosto la ricomposizione di un mito.
A cinquant’anni dalla sua prima pubblicazione (1958), e dopo una troppo lunga parentesi di irreperibilità, torna in libreria il libro di Fernando Manno, Secoli fra gli ulivi, grazie alla collaborazione tra l’associazione culturale L’Alambicco e l’editore Piero Manni. Curatore dell’operazione, l’intellettuale salentino Antonio Errico, che nel 1985 dedicò a questo testo la sua tesi di laurea e che qui firma anche una suggestiva introduzione.