È del poeta il... mezzo la meraviglia. Verrebbe da parafrasare il secentesco Giambattista Marino, quando si legge - nella prefazione di F. Walter Lupi a Pandosia - che "Filippo Senatore, che non è un poeta a tempo pieno, coltiva da anni una qualità essenziale per gli scrittori di ogni lingua e latitudine": la capacità, appunto, "di guardare alle cose con meraviglia". Pubblicista, archivista bibliotecario al "Corriere della Sera", Senatore, originario di Cosenza, è uomo del Sud prestato alla metropoli; integrato (basti pensare ai pomeriggi organizzati con gli amici intellettuali milanesi al Portnoy), ma non dimentico (ed ecco il rimando, nel titolo, alla città della Magna Grecia lucana confederata con Crotone). Anche le sue liriche, così, sanno immergersi nei miti e nei riferimenti colti e, insieme, divenire una "Rosea" in memoria diCandido Cannavò. Possono recare lo stigma dei classici e, insieme, tenere lo sguardo sull'oggi (il ricavato dei diritti d'autore sarà devoluto ai terremotati d'Abruzzo).