Invito alla lettura, di Paola Bonci
Di raffinata lettura, talvolta difficile, ma coinvolgente, fin dal titolo, allitterato tra liquide e rotacismi.
L’impatto è sicuramente scenico oltre che lirico, anche se le divagazioni emotive, che già il Prologo suggerisce, conducono fuori dai quadri della cronaca e della storia e traslano la tensione drammatica in lirica: siano essi la “veglia mesta di novembre” per Miriam Makeba o le “dinamiche antiche” dei migranti o i “torbidi nuovi” del Mare Antico, l’annunciato Mare di Affacci.
Ed è un’umanità femminile, cui l’autrice dà voce – magari afona, ma presente come è da Musa – che popola questo mare, il Mediterraneo, teatro invictus di naufragi e musei, àmbito prediletto della Rapsodia.
In essa si racconta, infatti, o meglio si evoca, quasi annullando le distanze temporali, la donna: le donne, che sul mare sempre hanno atteso e attendono: al tempo di Creta e al tempo di Demetra. E al tempo di Eloisa e della liturgia delle ore. E al tempo di Makeba.
L’attesa è nell’oracolo, nella preghiera, nel parto e nella maternità, nel lavoro, nella libertà. Ed è indagata dalla scrittrice come una sorta di metafora della Storia come essa è stata, soprattutto se è ombra, quando in essa la donna è ricacciata, anche se libera.
Il lessico, scelto e meditato, fa da quinta ai vari quadri; nelle parole-chiave, nelle voci, il lessico è proprio il suggeritore sottile e incalzante delle scene: “padre”, “madre”, “terra”, “vita”, “morte”, “mistero”. Ma anche “camorra”.
E ieri è qui storia di oggi. Ed è oggi anche l’Africa inquieta, che giace sul fondo, eppure già ieri, da sempre, incipit della storia umana.
Quindi, soprattutto è centrale la parola (la voce) “donna”: “cui è misura il sobbalzo del cuore”; “controversia culmine”, la definisce l’autrice, poi apostola e diseredata. La prima esule, alla quale “un enigma di casi dona la ribalta come eccezione” (p.53), talvolta.
Bellissima è la similitudine in Epilogo:
Come impasto di pane,
le donne mille forme
consentono di assumere….
Con loro, forgiate dall’ attesa, – di madre in figlia, di figlia in figlia, talvolta emissario della nonna – chi può fare a meno di ascoltare le passioni del mondo?
A ciò invita questa Rapsodia, perché narra di vanità e di soste, di smarrimenti, di tragitti e scontri, di passaggi pellegrini, di spiragli e liberi percorsi, di voli.
Di abbracci e affacci. Un’altra storia.
Ma è altro, la Storia?