Franca Mancinelli, Mala Kruna

15-09-2007
La generazione che doveva cambiare il mondo, di Matteo Fantuzzi
 
C’è stato un momento e non è passato tanto, in cui sembrava che il mondo della Poesia fosse tutto focalizzato sulla generazione dei Settanta. Di quella generazione s’è parlato, s’è discusso, ci si è incazzati parecchio, sono anche in risposta uscite antologie e lavori su chi in quel nucleo non era incluso (parlo soprattutto di quelli nati negli anni Sessanta che invece i riflettori nell’immaginario non ce li hanno mai avuti puntati contro: la generazione considerata “da proteggere”, considerata “poco esposta”). E che dire allora giustamente degli autori fuori dai circuiti che contano, fuori dalle riviste, fuori dal sistema ? Anche di loro s’è cominciato a parlare quasi fossero una razza ancora più da proteggere, a un certo punto s’è immaginato che davvero le cose dovessero cambiare, che fosse possibile. In realtà i meccanismi della Poesia sono sempre quelli, magari riletti in una chiave nuova, con nuovi mezzi, nuovi canali, nuove possibilità di accedere alle informazioni, ma se andiamo a guardare le modalità le cose non si sono modificate. Dipendiamo in un certo senso ancora dal sistema “fragile” che fa uscire ottimi libri per piccole case editrici, e altri libri discutibili in collane prestigiose, dove certe riviste e certe antologie “storiche” assumono ancora un peso importante. E dove un buon poeta non viene riconosciuto per strada, se parla sui giornali non parla di Poesia (al massimo di “metapoesia”) dove tutto è estremamente instabile, estremamente precario. Per questo credo sia ancora giusto avere nell’affrontare le cose poetiche una dimensione per così dire amichevole, per così dire familiare, di consigli da dirimpettai per delle buone letture. E così anche oggi faccio con tre libri che mi è capitato di leggere proprio in questi giorni. Mario Fresa ha fatto uscire “La dolce sorte” per le ed. Nuova Frontiera di Salerno, è una plaquette dove Fresa si misura sull’analisi delle cose minime (in un certo senso vedo un forte trait d’union col lavoro di Dagnino presentato nelle scorse settimane e questi lavori assieme ad altri come Pellegatta, Osti, Ricciardi vanno davvero verso una ben precisa linea, quella che si sta costruendo con molti degli autori presentati su L’Almanacco dello Specchio e prima ancora con Nuovissima Poesia Italiana), il punto però di vero interesse è (oltre alle capacità dimostrate) l’utilizzo della prosa poetica a raggiungere se possibile esiti ancora più felici, quasi che quella “linea” in maniera efficace riesca con le modalità utilizzate da Fresa. Sempre più vicino alla lezione di Amelia Rosselli è invece Massimo Sannelli che ha pubblicato “Nome, nome” per le Edizioni Il crocicchio. Il lavoro in questo caso risente della necessità privata di comprendere l’infanzia (la propria infanzia) e di comprendere altresì il proprio rapporto nei confronti della madre in un alternarsi che passa da fisico a spirituale mantenendo una certa forma privata, quasi che Sannelli voglia tenere una parte della questione per sé e arrivi a raccontare solo un’immagine (esemplificativa certo, ma sempre solo un’immagine, una figura) pubblica per poi spostare il resto delle vicende, quelle più strettamente personali, sul terreno mistico ripercorrendo anche qui schemi già visti nell’opera di Sannelli, in particolare in Santa Cecilia e l’angelo, uscito per le ed. Atelier. Infine è uscito per l’editore Piero Manni il libro di Franca Mancinelli “Mala kruna” di cui avevo parlato recentemente su Voci della Luna nella piccola analisi delle nuove poetesse italiane. Il libro letto nella sua interezza non tradisce le aspettative e si colloca nell’efficace linea della poesia che fa del corpo il proprio centro, dove ogni evento viene vissuto in maniera fisica, come un oggetto, da toccare o da accantonare, da buttare dietro le spalle o raccogliere e portare con sé. Buona lettura. State bene.