Francesco Leonetti, Versi estremi

10-12-2009
Il dondolio del quotidiano, di Nunzio Festa

“Io scribacchino celebre son qua. / Sul taccuino segno i primi moti / sia di idee critiche che di furori”. E’ l’apertura di Io stesso: situazione. Che è poi l’apertura della silloge di Francesco Leonetti, diremmo l’ultima ma con fare sgraziato e privo di grazie, Versi estremi. Leonetti, uno dei maestri della letteratura italiana, non è un poeta che si rifugia nella quotidianità perché è finito il tempo dell’impegno letterario e politico. Ma è il poeta che, preso dalle impossibilità della vecchiaia, deve necessariamente e, poi, volontariamente, vive tutto sommato benissimo la quotidianità. Il dondolio del normale. E altro non è, si sa, che muovere la penna nonostante si debba cambiare prospettiva. Eppure con gioie e coscienza del passato, in questo caso. Come d’altronde in altri casi. La differenza con altre opere, però, sta nel fatto per esempio che qui l’Io stesso è Francesco Lionetti, cioè uno dei poeti viventi tra i più grandi e importanti dell’Italia e non solo. Il Leonetti che rinnova la sua relazione col mondo scrivendo versi estremi e delicati, a tratti rudi e sempre sensazionali pur nello spirito di rincorsa in direzione persino di una banalità delle consuetudini di troppi. Il flato di Francesco Leonetti, che s’alza con e dal letto, è capace inoltre di prendere la società e sentire per giunta attraverso televisione e ritualità semplice delle abitudini d’un letterato. Il poeta, guardando il proprio corpo per quello che è – e per quello che spesso quanto molte volte è stato - , non ha proprio voglia d’interrogarsi. E’ convinto, invece, il poeta Leonetti che esiste la vicinanza e un’approssimazione (cosa questa di tutte e tutti) della morte. Però magari potesse, il poeta, vivere il passaggio in forma di sposalizio con il materiale vivente e pulsante fatto di terra e alberi sarebbe molto ma molto meglio. Versi estremi, va spiegato, è raccolta che ogni persona che legge e scrive deve attaccare alla propria vita costante e incostante, assaggiando tutte le volte che può i componimenti del maestro Francesco Leonetti. Perché è nel giorno che sentiamo i giorni.