La libertà della scrittura, di Giancarlo Greco
Francesco, come è nata la voglia di oltrepassare i binari della recitazione per scrivere un romanzo?
In realtà è stato tutto molto naturale. Ogni volta che devo prepararmi ad interpretare un personaggio, mi metto a scrivere la sua storia immaginando un prima e un dopo rispetto alla trama del film, ma anche tentando di entrare nella sua personalità, nel suo modo di vedere e sentire il mondo attorno. Questo soprattutto per i personaggi "difficili", torbidi, che meno mi piacciono.
My sweet family è nato più o meno in questa maniera. Una sera a Roma, in una pausa di lavorazione di un film, ero fuori a fumare una sigaretta. Mi avvicina un ragazzo e mi chiede se gli offrivo da fumare. Ci siamo messi a parlare e mi ha detto "questa è l'ultima sigaretta che fumo a Roma; questa non è più la mia città, non la riconosco". Salì in macchina, una uno rossa traboccante di valigie e di altre cose, prese il suo cane e andò via. Io mi dissi subito che avrei voluto raccontare la storia di Luca prima di quell'incontro.
Mi domandi perché la scrittura? Semplice, perché è uno dei pochi casi in cui si può essere completamente liberi. Questo grazie anche al mio editore che non ragiona soltanto in termini di mercato e cha ci ha creduto. Oggi, nel nostro paese, i libri di successo vengono pubblicati sapendo già che saranno sceneggiature per film, sono tutti uguali, tutti standardizzati. Manni è uno dei pochi editori che permette alla letteratura libera di continuare ad esistere.
Che storia è questa di Luca?
Una storia difficile, scritta come se fosse un lungo monologo interiore, di un giovane ventenne "trasparente" alla sua famiglia che dice di conoscerlo ma che in realtà non riesce a comunicare con lui. La storia di un rapporto duro, sincero, a volte quasi un incubo che non lascia mai in pace il lettore. Sicuramente non è un libro da sdraio, richiede la predisposizione a sentirsi attaccati, ad incassare colpi diretti ai fianchi ed allo stomaco, a mettersi in gioco e a mettere in gioco i propri sentimenti.
Molta critica ha accolto il tuo libro parlando di un'autobiografia. Quanto è pesato al libro e a te come scrittore, l'essere figlio di Antonello Venditti e Simona Izzo? Moltissimo. Ha penalizzato il libro perché in molti hanno subito pensato al solito figlio di papà raccomandato. Sia chiara una cosa: ogni libro è autobiografico e ogni libro non lo è anche perché, nel momento stesso in cui viene pubblicato, il libro non è più di chi l'ha scritto ma del pubblico che lo legge. La vicenda di Luca e il suo odio per il padre non è certo la mia vicenda, perché con mio padre ho un ottimo rapporto e una grande stima reciproca. Tuttavia ci sono sensazioni comuni a tutti gli adolescenti. Queste sensazioni sono anche autobiografiche, sono le mie, quelle della mia famiglia, dei miei amici, del mio mondo.
C'è un personaggio molto bello nel libro, una bambina.
Sì, è un po' la coscienza di Luca, il suo grillo parlante.
Perché questo ruolo proprio ad una bambina di 8 anni?
Perché i bambini hanno dei grandi poteri che crescendo scompaiono, quindi occorre saperli sfruttare finché ci sono.
Accennavi alla tua famiglia "famosa". Come ha accolto il libro tuo padre?
Benissimo; è stata la seconda persona a leggerlo e mi ha incoraggiato sommergendomi di complimenti. Ma in genere tutta la mia famiglia mi ha fatto i complimenti.
Quali sono adesso i tuoi progetti? Pensi di continuare a scrivere?
Adesso ho appena girato La freccia nera che andrà in onda in autunno. Tra un mese sarò impegnato con un'altra fiction, questa volta sui Mille di Garibaldi, dove interpreterò un comandante romano della spedizione. Poi ci sono molti progetti in cantiere. Tra questi anche un secondo libro, altrettando difficile come questo: la storia di due fratelli che gravita attorno al tema tabù dell'eutanasia.
Ti piacerebbe che il libro diventasse un film?
No. Non in Italia almeno. Il nostro cinema è troppo accomodante, semplice, buonista. La mia storia è crudele e cruda, da questo cinema verrebbe banalizzata. Lo darei forse in Inghilterra, dove sono molto più bravi di noi in questo. Mi piacerebbe però intepretare il protagonista, questo sì. Magari in uno spettacolo teatrale d'avanguardia.