Giancarlo Tramutoli, L'ultimo Tram

17-12-2009
Su “L’ultimo tram” dell’autoironia, di Bernardo Panella
        
I futuristi si divertivano con demenziali trovate di questo tipo.
Le mode passano, la poesia resta, intatta (o quasi, forse) nel suo fascinoso mistero al limite del niente metafisico: culto per pochi (nella pletorica ingombrante dei dilettanti) causa di noia per i profani. La sorte della poesia sembra veramente legata a un filo sottilissimo: la si vede volteggiare nell'aria, e il filo non si vede.
L'altro ieri l'amico Giancarlo Tramutoli mi ha fatto avere, con gioia inaspettata, un altro dei suoi gustosi libri di poesia dal titolo allusivo (non saprei individuare il riferimento, che intanto traspare anche qui, com'è nelle titolazioni di Giancarlo): L'ultimo Tram (Manni editore, Lecce, ottobre 2009). Nella dedica, un piccolo supplemento di spirito: "tram n. 10".
Conosco i libri di Giancarlo Tramutoli, il poeta potentino del 1956, che pratica l'esercizio della poesia dal 1979, come egli stesso ci informa. "L'ultimo Tram" non vorrà dire che questo potrà essere l'ultimo libro: non penso proprio, e perché mai? Proprio ora che a dargli una mano gli è arrivato un "cantautore" che promette bene già dal nome, Arturo. La poesia in genere si avvale di mezzi di fortuna; questa volta arriva in tram; e questo è un accesso confortevole alla modernità.
La "vena" (si diceva così una volta, oggi passa per sberleffo) di questo poeta (non nasconde il suo status, anzi lo dichiara in copertina ben evidente: poesia) che scorre nell'agile volume di pagine 80, ben aerate, leggere e godibili, è di genere ludico, alla maniera dei Riviello, Scialoja; Rodari e perfino di Totò. L'autore confessa con orgoglio i suoi debiti formativi.
I titoli, giocati sull'allusione criptica o sul calembour: Lapsus, Onde per cui si muove il mare, Lampadine, I Canti di Onan, Temporali, Versi pure, grazie; e i due romanzi in qualche modo autobiografici: La vasca da bagno e Uno che conta. In un modo o nell'altro (verso o prosa) l'interesse di Tramutoli è sempre quello: la scrittura brillante che ruota intorno a un io "che muove il sole e l'altre stelle". Non per adularlo, si badi, anzi: nell'autoironia, spesso feroce, è il climax del divertimento. Una filosofia di vita, una poetica ermeneutica. Il lettore vedrà da sé quanto questo esercizio di flagellazione masochistica rende alla ragione del verso. Un poeta maledetto? Autori di riferimento per Giancarlo sono anche gli americani Carl Sandburg, Frank O'Hara, E.E.Cummings. Entrano in questo gioco "visionario e comico", le strisce dei Peanuts e di certi cartoni animati della Warner Bros. Cito alla lettera queste dichiarazioni dell'autore non per atterrire l'incauto lettore; semmai per invogliarlo ad accostarsi al libro di Tramutoli: anzi ai libri.
Contro la poesia dell'accademia e dei professori, del tutto prevedibile e priva di energia, il poeta ludico scaglia il suo odio esplicito. occorre rivitalizzare la poesia. Occorre più invenzione, gioco, feroce autoironia.
Era necessario, io credo, postillarle queste dichiarazioni di poetica, per rendere un servizio alla verità del poeta che, poi va a vedere, non è un fatuo accalappiatore di farfalle. Mallarmé diceva che la poesia bisogna spruzzarla di ombre. Il gioco di Giancarlo Tramutoli è proprio in queste operazioni di cortocircuito dove si accendono scintille di piacere intellettuale, che è la fruizione del verso. Si veda a pag.18 Enel: "Si dice/ che Ungaretti/pagasse delle mostruose/bollette della luce".
Con buona pace del celeberrimo "M'illumino d'immenso" che affascinò tanto la lirica del Novecento italiano, oggi il poeta ludico Giancarlo Tramutoli tira la barba al Senatore marmorizzato di Roma, come un "galletto" impertinente.