Giancarlo Tramutoli, Uno che conta

12-07-2007
L’Affaire Cappelli: non è solo uno scrittore ma è anche personaggio di romanzi altrui, di Antonio D’Orrico 
 
Eccoci a un’altra puntata dell’Affaire Cappelli (Gaetano Cappelli, autore di Storia controversa dell’inarrestabile fortuna del vino Aglianico nel mondo, Marsilio). Cappelli, per me (ma non soltanto per me: ha lettori che lo amano alla follia), è uno scrittore di gran classe ed è un mistero che non sia apprezzato come merita. L’altra volta ho citato due lettere. Una contro Cappelli del prof Vincenzo Tripaldi, l’altra a suo favore del lettore Alessandro Colella. Di quest’ultima lettera ne avevo citato la parte finale: «Lei stesso è stato, mi sembra, criticato da più persone per aver bollato Cappelli come Roth italiano anche se lo ha fatto a “fin di bene” come dice la Bignardi nel suo blog. Cara Bignardi, preoccupata che le fotografie della quarta di copertina non tengano conto del passare degli anni e dell’aumento ponderale dell’autore. E allora anch’io voglio criticarla. Forse sono un lettore incolto, non allineato, ma perché quando leggo alcuni libri di Roth mi annoio mostruosamente mentre a leggere Cappelli rido a crepapelle o piango come una casalinga frustrata davanti a Carramba che sorpresa? Cappelli è Cappelli ed è davvero unico nell’odierno panorama editoriale italiano. E se proprio dobbiamo fare dei paragoni, Cappelli è più Fitzgerald che Roth. Legga in successione il racconto Sogni Invernali (di Fitzgerald e il racconto Toccàti di Cappelli (in Errori, Mondadori) e vedrà su Cappelli non è un Fitzgerald redivivo. Mi scusi sono poco intellettuale, lo so. Per me certi libri sono come le canzoni che ami, quelle che ti dicono qualcosa tutte le volte che le senti e non importa se siano d’autore o sciocchi ritornelli. Le senti tue e questo basta. Io non rinuncerei alla mia canzone preferita nemmeno per Lamento di Portnoy. Forse è per questo che amo Cappelli». Caro Colella, che bella lettera a parte il passaggio su Roth (Lamento di Portnoy per me, usando i suoi parametri, è la canzone più bella di tutte). Toccàti è un racconto bellissimo, giocato effettivamente tutto su toni fitzgeraldiani e peccato che sia solo un racconto. Ecco, chi non ha letto Toccàti si è perso in assoluto una della cose migliori, più alte e divertenti della letteratura italiana fine secolo scorso.
A questo punto nell’Affaire Cappelli entra un altro personaggio. È Giancarlo Tramutoli, anche lui potentino. Veramente, Tramutoli c’è da sempre nell’Affaire (a lui che devo una segnalazione decisiva sullo scrittore). Ma adesso Tramutoli nel romanzo Uno che conta (Manni), monologo di un cassiere di banca che diventa scrittore da classifica mentre vive una tormentosa storia d’amore, annovera tra i suoi personaggi Cappelli in persona: «Nei periodi hippy io lo guardavo ammirato che andava in giro vestito di bianco con ’ste camicie indiane e pantaloni larghi di lino, gli occhialini tondi alla John Lennon, magro e alto come lui». E ancora: «Gaetano esibisce spesso un cinismo divertito per camuffare la sua sensibilità, che se non lo conosci bene, può sembrare uno snob maschilista reazionario». Ed ecco Gaetano che consola il protagonista da una delusione d’amore con una certa Valeria: «È così che va la vita… dopotutto l’anno scorso stavi peggio, no? Vedrai che ’sta Valeria torna e se non torna il mondo è pieno di Valerie, diciamo». Consiglio, al di là del suo ruolo nell’Affaire, Tramutoli. Viene voglia di citare altre cose (lo farò). Ora vi saluto con il cassiere, il protagonista, che sniffa le banconote versate da un pasticciere: «profumano di dolci alla crema».