Un poeta malinconico, di Anna Mollica
Signor Tramutoli cominciamo dal titolo “Versi pure, grazie”, originale?
Il titolo racchiude tutta la poetica del libro. Ho pensato ad un gioco di parole che potesse introdurre il lettore nel genere, dare una chiave di lettura del libro. La poetica di “Versi pure grazie”, richiama anche l’alcool. L’alcool ha a che fare con lo spirito, con l’humour quindi ciò indica che dovrebbe essere un libro divertente e non lagnoso. Si tratta comunque di versi poetici, da non confondere con la poesia tradizionale noiosa, che ripete sempre le stesse cose. Questa era l’idea.
Alcune poesie sono veramente divertenti in altre invece ho colto una certa amarezza.
Io penso che quando scrivi è bene avere un ampio spettro di possibilità. A me piace che la poesia sia anche pathos e non patetica e per questo laddove c’è pathos, se posso inserisco un po’ d’autoironia, d’umorismo, per non piangermi addosso. È un modo di scrivere che a me non dispiace, anche come lettore. Nel libro c’è un lato umoristico, comico, un gioco di parole, vari toni e approcci, che per me è ricchezza. Nella poesia puoi usare il pathos, il sentimento con equilibrio, per non scivolare nel lagnoso. Ma non mi precludo la possibilità di essere anche amaro, malinconico, “malincomico”, di essere un insieme di tutto. La chiave è una questione di equilibrio. Per essere sopportabile, no?
C’è una poesia in cui lei usa le parole Quest’aria leggera / questo germogliare / cinguettare a cui fa seguire la frase adesso mi ferisce.
Sono parole che esprimono elementi di rinascita, positivi. Cosa c’è che non va in questo?
È una delle poesie sentimentali! Se arriva la primavera e tu non stai bene è una mancata sintonia con la stagione. E come quando tu vai ad una festa dove tutti si divertono ma stai ancora più male perché non ti senti in sintonia con il resto. In generale le feste mi deprimono. In primavera, se sei malinconico, l’aria che si respira ti porta ad esserlo ancora di più. Pensiamo alle tante persone che in primavera durante il cambio di stagione hanno sentito questo disagio.
Allora è un sentimento che prova in ogni primavera?
No, io scrivo quello che succede in quel momento. Però poi tutte le interpretazioni sono un di più, è tutta ricchezza, se ci trovi altre cose vuol dire che la poesia funziona ancora di più; tu parli di te e se riesci ad essere universale vuol dire che ci hai preso, che hai scritto qualcosa di importante. La poesia rispetto al romanzo è più veritiera, è più credibile.
C’è una poesia che inizia con “Sgalambro canta la mer” e lei usa la parola ‘penombra’; in altre poesie ho trovato espressioni che rievocano la pioggia. Perché?
Ti ringrazio per la domanda. Qui c’è un gioco di contrasti e assonanze musicali che nelle poesie cerco di esprimere. Sgalambro contiene, se noti, la parola “ombra”; canta la mer è invece una canzona solare: ecco il contrasto. La poesia continua con ‘non molta compagnia’ e poi ‘una birra al malto’. Molta/malto, una parola tira l’altra. Il suono delle parole ti guida e spesso tu stesso non ne sei consapevole. Dopodiché sto in una situazione di isolamento, in un interno sento una canzone che parla di solarità e di luce, all’ombra di una mansarda e scrivo versi. Sto bevendo, sono in una situazione di solitudine in ‘separata sete’ e non, da notare, ‘separata sede’! È una battuta di chiusura, un lamento parodistico in cui si interviene per alleggerire la tensione. Questa poesia fa capire come lavoro: dietro una poesia scritta di getto c’è un equilibrio fatto di richiami musicali, di assonanze che diventano un senso. E poi c’è la visibilità: tu devi conoscerti, vedere di che segno sei fatto e ti mostri per quello che sei. La musicalità, la visibilità, la battuta di spirito, l’armonia: la mia poesia si regge su tutte queste cose.
La pioggia: ebbene tu pensa che l’altra raccolta si chiamava non a caso Temporali. Mi sono chiesto anch’io come faccio ad amare la pioggia. Quando la gente dice “che bella giornata” e c’è il sole, quando comincia a piovere io dico: “oh si è aggiustato il tempo!” Il cervello lavora meglio con la pioggia che con il caldo. Ho capito che quando piove c’è in giro un’elettricità che aiuta le associazioni mentali, a dipingere, a fare cose creative. La pioggia ti costringe a non uscire e quindi puoi prendere iniziative, dipingere, scrivere. Il rumore della pioggia crea una atmosfera favorevole.
Dunque l’affermazione: la poesia deve essere seriosa e patetica?
È provocatoria. Se noti le collane dei grandi editori la maggioranza usa un modello serioso. È possibile che la poesia deve essere per forza così? In Italia prevale la tradizione e l’impostazione aulica. Se dipendesse da me sceglierei i poeti divertenti, satirici. Lolini è un poeta molto semplice, lineare, che si alza la mattina e dice: “che mal di testa!” Mi piace molto la sua poesia, vedere il poeta nella sua giornata tipo, quello che fa, che vede, che pensa.
Gli stessi poeti Latini, come Orazio, usavano espressioni valide tutt’oggi. “Se vieni a cena da me, siccome non ho una lira, porta tu da mangiare!” diceva Marziale. Anche quando sembra che stai scherzando puoi dire cose serie e drammatiche. Prendiamo Totò. Ho fatto un dizionario di luoghi ameni contrapposti a luoghi comuni, un sistema per evitare la frase fatta. Sai quelle conversazioni automatiche: “che si dice?” “ah tutto a posto”. Io lavoro su quei blocchi meccanici, automatici e inserisco un elemento personalissimo che sconvolge la tesi e facendo dei non-senso che hanno più senso di tutti gli altri. Nel ribaltare la frase puoi trovare un senso nuovo che forse è più profondo.
Nello stesso tempo è divertente rovinare una frase fatta; per esempio c’è chi dice “la vita è fatta a scale, c’è chi scende e c’è chi sale”, io invece dico “c’è che cade!”. In questa battuta c’è un pessimismo leopardiano; è una battuta che fa ridere ma ha anche un senso drammatico. Ne ho fatte mille così. Mi devo differenziare dalla massa enorme di altri tipi di poesie. E poi il tono è importante, puoi parlare di tutto ma in mondo dimesso. Il linguaggio deve essere quotidiano, comprensibile, semplice e piacevole.
Lei è un serio che non si prende sul serio?
Per fortuna mi viene naturale. Il consiglio che do è quello che se vuoi essere simpatico al lettore non devi auto-deprimerti. Sto facendo il poeta! Infatti una biografia a cui sono più legato è quella che scrissi tempo fa: se io stesso mi incontrassi, mi dare del rompi…scatole. Cioè sai quando ti odi tu. Quindi questa è la base. Darsi il beneficio del dubbio. E poi funziona perché alleggerisce, stai a contatto più con chi ti legge.
“Esaustivo e recidivo”. In cosa “esaustivo” e in cosa “recidivo”.
È come dire che per una volta ho realmente esaurito tutte le possibilità, quindi sono stato bravo e completo in una cosa. In cosa completo? Nel senso che sono attratto dallo stesso vizio che può essere la pittura, la scrittura. È una battuta che ribalta il senso. È una battuta di chiusura dove esaustivo ha a che fare con ‘esausto’ ed ‘estate’, anche qui è una questione di suono. Se tu confronti esausto con status quo ti accorgi che l’uno è quasi anagramma dell’altro. Ma può essere anche stanchezza, il mio essere esausto è l’unica cosa in cui sono stato esaustivo. Se ci pensi non è così paradossale. Per un pigro cronico come me la pigrizia può essere una vocazione, una ispirazione, un progetto di vita completo, esaustivo, perfetto. Quando scrivo non ho in mente una chiave, guai metterti a scrivere una idea sapendo dove vai a parare, parola che mi fa venire in mente “parare un gol”. Ogni cosa che penso, la trasformo in altro, mi piace deformare tutto, perché deformando scopri cose nuove. In questa inconsapevolezza, in cui non predici né prevedi quello che andrai a fare, sta la magia.
Le piace viaggiare?
No, è faticoso. Il fatto che sono pigro mi porta ala convinzione che tutto si è già visto in televisione, nei film e quindi non è più sorprendente. A me comunque attira il Nord-Europa perché il clima freddo e i paesaggi di neve mi sono più famigliari. Però io faccio fatica fisica a muovermi. Poi se avessi molti soldi, molto tempo libero magari viaggerei. Però non è che mi aspetto dai viaggi l’ispirazione, quella può venirmi di notte o davanti ad una birra. Per esempio la poesia del call center sai come mi è venuta? Scendevo da discesa San Giovanni e c’erano due che salivano vicino l’arco, uno dice: “chi tace acconsente”. Io ho sentito “acconsente”. Ho smontato la frase e ho tirato fuori una cosa paradossale ma logicissima: “Chi tace al call center viene licenziato”. È tutta giocata sul suono “call center / acconsente”. Le cose che scrivo non nascono dalla socialità ma dal sentire, dal leggere, dal disegnare, faccio associazioni mentali o piccoli spostamenti di vocale.
Lei scrive, dipinge e suona.
“Artista a tutto tonto”, parodia del “faccio tutto io!”. Suono la chitarra, dipingo. Però è più divertente parodiare la poesia. Sentire la gente che ride alla tua battuta è una bella soddisfazione. Il mio stile di comporre poesie sta nel cominciare in maniera aulica e poi distruggere. Nel dipingere uso due stili: uno materico con le lenzuola incollate alla tela che dipingo in rilievo, e l’altro più primitivo, fatto di simboli elementari, tribale che esprimono un approccio più viscerale. Per esempio il cavernicolo che disegna l’animale, lo gnu, usando colori forti. La copertina stessa del libro “Versi pure, grazie” è un quadro mio. Mi piace che ci sia molta emotività, divertimento, pathos e colore di cui mi sento padronissimo più che del disegno. I grandi quadri rinascimentali, tecnicamente ineccepibili, la tecnica della verosimiglianza non mi interessano. Mi emozionano i graffiti, le cose semplici, dirette e la pittura espressionistica, quella più forte, più impulsiva.
Signor Tramutoli cosa la rende felice e la emoziona della vita?
Poche cose e molto semplici. Per esempio quando scrivo, dipingo, quando bevo, quando sto con una persona con la quale c’è comunicazione. È difficile, infatti frequento poche persone. Mi piacciono le cose fondamentali della vita, avere sintonia con qualcuno, mi emoziona che so, quello che si definisce “l’amore”; un rapporto bello con una persona con cui stai bene e con la quale condividere l’aver fatto un libro nuovo e tutte le cose che mi piacciono. Meglio di quello. Non inseguo la carriera a tutti i costi, anche se è letteraria pur sapendo quanto sono particolari le cose che faccio. Se arriva un riconoscimento va bene e ne sono felice.
Io però questo so fare.