Gianni Miniello, Aveva le unghie disegnate

05-11-2006
Solo le unghie e i denti rimasero dopo l’amore, di Maria Paola Porcelli
 
Giovanni Miniello, ginecologo e autore di aforismi, è al suo primo romanzo con Aveva le unghie disegnate.
Capita in letteratura d’imbattersi in autori che alternano la pubblicazione di volumi dedicati all’indagine medica a quella su comportamenti o sentimenti. Un tipo di viaggio in cui andate e ritorni si confondono tra strumentazioni chirurgiche, penne, tastiere di computer verso l’anima delle cose e delle persone, a sezionare col bisturi delle parole interi corpi di emozioni. Si tratta di una scrittura che sa descrivere la dimensione microscopica di un tessuto per poi raggiungere e narrare di altri tessuti invisibili capaci di dare vitalità ad un intero organismo. Sino a raggiungere le ragioni del cuore.
È il caso di Giovanni Miniello, ginecologo che vive e lavora e scrive a Bari. Consulente per le Nazioni Unite, insegna Sessuologia all’Università di Bari, è autore di testi scientifici, «visiting professor» di Microscopia uroginecologica e Colposcopia in università estere. Tra i suoi titoli, Citogramma vaginale o Sindrome ed urocitogramma a fresco sino a Anche il primo amore ti lascia una cicatrice: l’ombelico (Schena 2003), volume di aforismi che ha tagliato il traguardo delle 16mila copie, per questo genere che, ci spiega Miniello, come l’sms ha «una distanza operativa che trafigge senza sfiorare» . Sino a Ci vuole fegato ad avere cuore, a Mela danno pera amore e ad Aveva le unghie disegnate, il primo suo romanzo appena edito da Manni (pagg. 78, euro 10), che l’autore presenta martedì prossimo alle 19 alla Feltrinelli libri e musica affiancato da Rossella Santoro. «Si tratta di un thriller sentimentale d’introspezione – ci spiega Miniello -. Amori, colpi di scena inimmaginabili. Racconto di come due persone possano cercare di raggiungersi mentre nella vita sono come su una giostra che li mantiene sempre ad una stessa distanza».
Qual è la trama ? «Massimo, ematologo separato - spiega l’autore - , tra gli strazi della vita, come i ciechi, deve sviluppare i sensi, ricostruirsi, dalla pelle in dentro. Incontra una ragazza malata e la porta alla guarigione. E poi una ragazza madre, graffiata dalla vita, come tante, gattine per un giorno. Qualche tigre le divora e quello che resta di loro, poi, sono soltanto unghie e denti. Un messaggio per comprendere, in tempi di rapporti estremamente erotizzati e fondati sul consumo piuttosto che sulla seduzione e sull'attesa, che la pelle è solo un stazione ma non è il viaggio».