Giò Stajano, Pubblici scandali e private virtù

08-04-2007

Niente più scandali, mi ritiro a Sannicola, di Lorenzo Marvulli

«La mia ambiguità per niente nascosta, mi aveva elevato a simbolo della perversione più abietta ed io la usavo a quei tempi per massacrare il perbenismo democristiano imperante. Io fotografato da bambino, in braccio al Duce, ero ora l’ambiguo esponente del corrotto mondo omosessuale, ed esperto de li vizi umani». Maria Gioacchina Stajano, nipote del gerarca fascista Achille Starace, racconta così parte del suo burrascoso passato in Pubblici scandali e private virtù di Willy Vaira, libercolo edito da pochi mesi che meriterebbe più attenzione. Specialmente mentre le (tragiche) cronache quotidiane ci raccontano di colpi di coda dell’omofobia, mentre definizione come «diverso» e «malattia» tornano ad affacciarsi sulle colonne dei giornali. Facendoci fare un passo indietro di quarant’anni.
A quarant’anni fa (e più) risale la consacrazione sulla scena mondana e debosciata di Roma. Gioacchino Stajano, nato a Sannicola in provincia di Lecce in piena ascesa del fascismo, è diventato a soli vent’anni il solo omosessuale pubblicamente dichiarato in Italia. La lunga intervista a Maria Gioacchina Stajano – nuovo nome di Gioacchino dopo il cambio di sesso a Casablanca nel 1983 – scritta da Willy Vaira e ora in libreria, offre uno spaccato di un’Italia che ci stiamo dimenticando e la storia di un personaggio praticamente unico. Giò Stajano – il suo nome d’arte rende tutto più semplice – fece mitiche le notti della Dolce Vita (secondo le cronache Giò ispirò anche Federico Fellini), fece parlare di sé sui giornali di tutta la penisola, costrinse tutto il paese a confrontarsi con quel tabù – l’omosessualità – che continua a far discutere oggi.
Scandaloso e scandalosa fu Giò Stajano. Da anni è tornata a Sannicola, dove vive con uno stile definito «quasi francescano». Sopravvive grazie a un assegno sociale, si diletta con la pittura, sua passione di sempre, e dice di aver incontrato la pace interiore grazie al riavvicinamento alla religione cattolica. «Ogni giorno – dice – ringrazio il Signore della sua misericordia. Mi ha presa per i capelli e riportata sulla retta via. Ora conduco una vita più regolata».
Parliamo del libro, signora Stajano. Come nasce?
«Il libro in un certo modo è stato voluto da Nichi Vendola. È stato lui a parlare di me a Willy Vaira, un giovane scrittore che poi mi ha contattata. Dai colloqui con Vaira è nato il testo, redatto interamente da lui. Io mi sono limitata a ripetere parte di quello che avevo scritto nella mia autobiografia La mia vita scandalosa, pubblicato nel 1992 da Sperling & Kupfer, oggi purtroppo introvabile».
È stata capofila della prima Italia omosessuale, che aveva finalmente il coraggio di rendersi pubblica. Che pensa oggi della condizione degli omosessuali?
«Grazie ai movimenti per i loro diritti, nati dopo le mie esperienze pubbliche e giornalistiche, sono state fatte molte conquiste. A tutti gli essere umani devono essere riconosciuti i loro diritti. E questo ora avviene, anche se a volte succedono cose che fanno venire la pelle d’oca per la loro tragicità».
Si riferisce al caso del giovane di Torino?
«Sì. Mi dispiace che cose del genere avvengano ancora. Anch’io quando mi iscrissi all’università e fui costretto a lasciare gli studi. Avevo un atteggiamento più che eloquente, mi piacevano gli uomini. E capii presto che non avrei potuto sopportare le mortificazioni. Per fortuna incontrai persone che mi accettarono, che mi presero sotto la loro ala».
Oggi è frequente la discriminazione degli omosessuali?
«No. Anzi. Gli omosessuali hanno conquistato i loro diritti, e non solo. Sono entrati nei palazzi del potere. Basti pensare, senza andare troppo lontano, a Nichi Vendola o alle dimissioni del ministro Buttiglione dal Parlamento Europeo per le sue esternazioni sul tema».
E riguardo alle richieste di riconoscere agli omosessuali il diritto a risposarsi?
«Assolutamente contraria. Come assolutamente contraria al fatto che si possa permettergli di adottare dei figli. E come considero delle pagliacciate le manifestazioni con i matrimoni gay in piazza, in cui un uomo si veste con il vestito da sposa e il velo bianco».
Non sono le risposte che ci si aspetterebbe da un personaggio come lei.
«Io non mi sarei mai sognata di vestirmi da donna prima dell’operazione. Quando facevo il giornalista non mi sarebbe mai venuto in mente di andare in redazione con gli orecchini. Vedo invece che oggi questo può succedere in Parlamento, che a mio modo di vedere dovrebbe essere un luogo molto più serio. Non adatto a persone come Luxuria, insomma».
Giò Stajano sa ancora graffiare. Nel libro edito da Manni tutta (o quasi) la sua avventura: dalla Dolce Vita al convento, come recita il sottotitolo. Leggerlo per conoscerla, perché presto potremmo tornare a vederla scuotere (scandalizzare?) quest’Italia un po’ bacchettona.