Un sentimento inabile?, di Marco Furia
Vigile fino al limite del visionario, Giorgio Bonacini, in Quattro metafore ingenue, propone immagini la cui innegabile attrattiva muove da una versificazione intimamente tesa, contratta, ma capace di distendersi, improvvisa, concedendo biologico respiro, in espressioni tanto enigmatiche, quanto liberatorie.
Non troppo ingenuo, in verità, del tutto spontaneo all’origine del gesto poetico, il Nostro presenta esiti di scrupolose indagini risolte in dialogo con lo stesso strumento linguistico: dialogo, più che analisi, dato il tono garbato, ottenuto anche grazie a melodie segrete, appena evocate, implicite e onnipresenti.
Conscio di un effabile diffuso oltre-confine, nonché dei fondamenti non logici dell’idioma, Bonacini, con repentina sincerità, dichiara: «non ho visto niente». Niente di quanto, in effetti, risulta escluso dall’umano campo visivo, se è vero che la vita, specie la propria, si vive, semplicemente.
Raffinata la scansione verbale.