Giorgio Morale, Paulu Piulu

25-06-2005

Circola un'aria tersa nel paese dell'anima, di Giuseppe Amoroso


I luoghi del passato sembrano a Paolo l'«anima buona delle cose»: per ritrovarli occorre numerare i dati della vita, fare la conta dei dettagli, scendere nell'oceano del tempo «come un palombaro per trarne fuori inattesi reperti». Così il personaggio di Paulu Piulu (Manni, pp. 174, euro 15) ritrova i momenti fondamentali della propria esistenza: le immagini sbiadite delle prime case, le luci delle estati, la fabbrica dove ha lavorato il padre, il mito dell'emigrazione in America, i litigi fra i genitori, le morti. Nitida, con un che di smorzata favola fatta fiorire dal succedersi rapido degli episodi, si dipana una cronaca privata, semplice e preziosa, trattenuta dentro quella misura di ricchezza ed essenzialità propria di certi classici narratori di memorie. Il libro di Giorgio Morale rinvia il pensiero al Conservatorio di Santa Teresa di Bilenchi. Anche qui – come nelle adamantine pagine dello scrittore toscano – sembra circolare un'aria tersa in cui le risonanze del buio e della pena non oltrepassano i limiti di una registrazione asciutta, capace di portare alla superficie i grovigli dell'animo, senza compromissioni con un di più di avventura e di spettacolo o di analisi torbida. Si spalancano sfondi siciliani, il mare di Avola, le vie cittadine addobbate a festa, le notti di Natale, i colori delle stagioni, la scoperta dell'«acqua limpida» del cielo, la partenza del padre per la Germania, la malattia della madre, la scuola. Capitoli brevi, autonomi, sillabati da un'attenzione che va verso una storia di emozioni cercando il contatto con la natura, con i piccoli segreti quotidiani. Sembra un diario immobile, corretto nella scansione piana, regolare. È, invece, un risonante invito agli «interstizi» alle zone segrete dell'esistere, alle prime avvisaglie di un gran gioco tenero e crudele. Trasportato da una sintesi poetica che privilegia gli stati d'animo e seleziona determinati comportamenti e parole concedendo loro un risalto irto di allarmi, il testo disegna frequenze dal vago senso simbolico, scisse dai legami necessari alla pienezza della narrazione e inserite in un ritmo incline a farsi maggiormente sentire. Dal canto suo, si determina un fondale di avvenimenti discorsivi, come in sordina, che non soffoca la libertà espressiva dei ricordi ma appare simile a un blando stato d'assedio.