Giuliana Argenio, Una calma piena di vento

01-07-2011

Le ruvide parole che sa sussurrare il vento, di Tiberio Crivellaro


Ida è la protagonista nell’ultimo romanzo di Giuliana Argenio Una calma piena di vento. Assieme alla sorella gemella Clelia ed Enrico Dolagrés, suo compagno, poi sposo alla nascita del piccolo Andrea, fuggito in Argentina per poi entrare nella lista dei desaparecidos. E con Pierre, intellettuale parigino impegnato politicamente, si entra grazie alla lettura scorrevole, nell’ambito generazionale tra gli anni ’70 e ’80. Anni di lotta politico-culturali, ventenni in bilico, ancora oggi oggetto di discussione. Nel romanzo si susseguono scenari instabili, drammatici, tanti sono gli eventi in un crescendo spesso sinistro, per le contestazioni giovanili contro la prepotenza di un “regime” che, in fondo, incarna il patriarcato della cosiddetta famiglia italiana. Scrittura brillante, in quanto capace di spaziare dalla ruvidità della canapa ai broccati più preziosi.
Nell’intervallarsi di passato e presente, Ida è tormentata da mille ricordi che annunciano l’approssimarsi di quello che l’autrice chiama “una tempesta che appantana la bocca”,
una “calma piatta” coi giochi del vento, continuo co-protagonista del libro.
Passato: il padre di Ida “capace solo di un continuo affermare la sua antica posizione di ex generale, ex combattente massiccio e pieno di sé”. La madre “mamma tra il suo silenzio remissivo e parole che parevano una raffica di fulmini, intrappolate da un temporale trattenuto-poche parole trasformate in proiettili”, grandinate pronte ad eliminare la ribellione della figlia contro i rigidi costumi.
Presente: “Apro la finestra per cambiare l’aria della camera e un vento rabbioso entra fustigando le tende”. Forse questa nuova solitudine nell’isolato e sperduto paesaggio del Ferrarese , dove si rifugia in una continua fuga, sperando di uccidere i ricordi. E il presente continua con il “mondo ci riempie di regole per farcelo dimenticare... le ripetizioni e le abitudini stremano, si confondono tra dovere e morale”.
Ecco “lontano da me stessa, dal dolore e la sofferenza, qui ad ascoltare le raffiche (o staffilate?) del vento”. Un colpo di scena culmina nel finale, dove un inaspettato testamento della madre, dettatole dal notaio di famiglia a Padova, fa rivelazioni tali da scuotere la più solida delle quercie. Ida decide che “mi farò bastare per il resto dei giorni questa tempesta di calma piena di antiche verità, che tuttavia non smette di smascherare impulsi, forme di protesta...La mia vita me la sono giocata a un tavolo verde. Ha vinto il banco”.
Intanto “fuori il vento soffia lame di ghiaccio scuotendo gli scuri di casa”.
Riuscirà Ida a far riposare la mente? Tuttavia, ancora questa “tempesta” di calma che le appantana la bocca, non le impedisce di leggere, ascoltare musica e di continuare a scrivere.