Giuseppe Antonelli, Lingua ipermedia

15-02-2007
Quattro modi di dire dialetto, di Enzo Golino
 
Agli inizi degli anni Sessanta la lingua letteraria italiana manifesta irrequietezza. Gli scrittori del Gruppo ’63 adottano criteri sperimentali più o meno complessi. Altri, da Italo Calvino a Natalia Ginzburg, da Primo Levi a Giorgio Bassani, si esprimono nel cosiddetto «stile semplice» e in forme attinte al parlato quotidiano in misura cospicua, riflesso dell’unificazione linguistica nazionale. Giuseppe Antonelli fissa questo momento e ne analizza gli sviluppi in cinque capitoli documentatissimi, troppe le citazioni di seconda mano. Con gli anni Novanta emerge il narratore-shaker, la lingua si trasforma in un cocktail di elementi disparati, assimila Internet e gli sms. Non a caso Tiziano Scarpa confessa: le mie opere sono «una tempesta di linguaggi». Ritorna il dialetto, e Antonelli ne distingue quattro categorie: per dispetto (Silvia Ballestra), per difetto (Giuseppe Montesano), per idioletto (Francesco Guccini), per diletto. Quest’ultima – «commedia delle lingue», «rivincita delle macchiette d’avanspettacolo» – ha il bestseller che viene da un’altra generazione: Andrea Camilleri.