Con Cassieri alla scoperta dell'ultimo tabù moderno: l'eutanasia, di Felice Piemontese
Se si facesse un catalogo ragionato dei temi affrontati da Giuseppe Cassieri in alcune decine di romanzi e nei saggi dedicati a quello che lui stesso ha definito kultur-market, si vedrebbe che sono pochi i modi del vivere contemporaneo che sono sfuggiti alla penna acuminata, ma mai velenosa, dello scrittore pugliese. Nessuna sorpresa, dunque, se col suo nuovo libro –intitolato La strada di ritorno Cassieri ha voluto affrontare uno degli argomenti più scabrosi che esistono: quello dell’eutanasia. Protagonista del romanzo è un docente universitario che un certo giorno della sua vita si accorge di essere, senza motivo apparente, “stranito, avvilito e carico di un’irragionevole scontentezza”. In casi del genere, imboccare una china discendente è la cosa più facile. E per Nazario Giannutri, “storico della mentalità”, assai poco efficaci sono i tanti richiami volontaristici quanto il tentativo di ritrovare nel proprio passato i motivi di una così insidiosa frattura. Che, pur non essendo minimamente esibita, diventa tuttavia percettibile, se uno studente, durante una lezione, si sente uscire dall’abituale apatia per osservare: “Professò, dica la verità, a lei non va bene più niente di questo mondo”.
Il passo successivo è quello di affidarsi a un’organizzazione, “Free Exit”, che esperiti tutti i possibili tentativi di recupero, si occupa di organizzare, senza fini di lucro e nel modo più indolore possibile, il traghettamento nell’aldilà. Libero ognuno di pensarla come vuole su un tema così delicato. Qui conta piuttosto sottolineare in coraggio con cui Cassieri lo affronta. Con leggerezza tutt’altro che incosciente, e non rinunciando, di tanto in tanto, a irridere tic e rituali della quotidianità intellettuale. Con, in più, la malinconica consapevolezza che ansie e frustrazioni del professore non sono solo sue, ma appartengono un po’ a tutti, in un mondo in cui smarrire se stessi è la cosa più facile che possa capitare.