Una prosa del mondo disincantato, di Costanza De Seta
Una sfida all’ordinarietà «quotidiana», diciamo pure una scommessa, anzi «scommesse», di quelle che la prosacità della vita ci offre. E che con eleganza ci offre di rimando, impacchetta in storie in cui si misura con la vita degli umani, Giuseppe Cassieri, saggista pugliese, già finalista al Premio Campiello del 1979 con il romanzo Ingannare l’attesa e quindi, nel 2005, al «Città di Bari» e al «Rhegium Julii». I suoi racconti, che dal primo ricevono il titolo così metaforico, sono tredici sequenze narrative che in successione integrano una storia semplice e logica, con le sue frasi, le sue grida, le situazioni della quotidianità, e quel che d’incompiuto rimane nella vita vissuta. Una storia lunga e breve come la vita, che sembra ritmata da una dolce nenia sonnolenta, ad accompagnare riti e comportamenti umani, sin troppo umani; insomma una «prosa del mondo» che avanza tra desideri e disillusioni, tra incanto e disincanto, ma che, a scavare più a fondo, a raschiare la superficie imbellettata della sintassi quotidiana, va alla ricerca, al di là del linguaggio, dolce e apparentemente dimesso, di un segnale. Forse un urlo, un grido, potrebbe starci, a squarciare la quieta farsa della realtà di tutti i giorni, a risvegliare lo spazio anestetizzato di coscienze appena ferite dall’irrompere dei fantasmi. Quando questi si affacciano a forzare il cassetto della memoria, allora è lì che più forte è la scommessa.