01/10/2007 - Secondo tempo
Sorpresa, di Corrado Tedeschi
Il Caso, di Antonio Lucio Giannone
Nel primo e più consistente racconto che dà il titolo al volume, Scommesse, affronta, ad esempio, un problema estremamente attuale in una società in cui il numero degli anziani va aumentando sempre di più, la «sindrome del pensionismo», cioè il particolare stato d’animo che affligge tante persone dopo la fine dell’attività lavorativa, proponendo una originale soluzione. Ma qui le ‘scommesse’ che fa l’io narrante, un vice direttore di banca andato prematuramente in pensione, per superare il suo malessere, sono una sorta di metafora che vale anche per altri momenti della vita. Esse infatti vogliono essere un invito a non adagiarsi mai nella routine quotidiana col rischio di morire anzitempo, ma a inventarsi la propria esistenza giorno dopo giorno, perché, come scrive l’autore, «scommettere in qualcosa, in qualcuno, significa lottare, stuzzicare l’istinto, rimettere in moto la tavola pitagorica e scuotere le palle impallinate». Da qui la necessità della scommessa, l’affidarsi al caso, come quando, insieme a due altri amici, il dottor Gabrieli sale sugli autobus della capitale senza munirsi di biglietto con la possibilità quindi di essere scoperto e multato dal controllore e di fare per di più una figuraccia alla sua età.
Il tema del Caso che modifica programmi, sconvolge piani apparentemente ben congegnati ritorna anche in altri racconti, come in Una tecnica prussiana, dove l’inaspettato comportamento di un bambino fa fallire il rigido metodo educativo dei genitori tedeschi, o in Jogger, in cui il protagonista, mentre sta correndo, a causa di un’ostruzione stradale nel percorso prestabilito, va a finire all’interno di una cappella piena di fedeli, venendo accusato per questo di «turbativa in luogo sacro».
Altre volte l’imprevedibilità degli avvenimenti sembra invece rivelare una dimensione diversa dell’esistenza che costringe a fermarsi e a riflettere per qualche momento e non è un caso forse che ciò avvenga, in due racconti, per la presenza degli animali. In Le cavallette, ad esempio, una morìa di cavallette in una località di villeggiatura suscita a Manuela, impressionata da quello spettacolo inatteso, «una sillaba di pietà» per quelle fastidiose creature, «come succede per un nemico che ha cessato di esistere». Mentre in La capra di Eleusi l’io narrante, in giro tra templi, cripte, ipogei, alla affannosa ricerca dei ‘misteri’ eleusini, incappa alla fine in una capra, nascosta in una grotta, che sta per partorire e che costituisce forse, nella sua umile quotidianità, il vero ‘mistero’ di quel luogo.
Ma nel libro sfila anche un campionario di varia umanità costituito da personaggi bizzarri, estrosi, stravaganti, ritratti con graffiante ironia o scrutati col desiderio di scoprire la ‘molla’ segreta del loro agire: la «moglie del regista» che si sostituisce in tutto e per tutto al marito, essendo «ambiziosa per lui»; il musicista che cerca, e alla fine trova, l’ispirazione percuotendo il pavimento con le sue scarpe; il «batterista» indemoniato che nel privato si rivela l’uomo più tranquillo di questo mondo; il mormone italo-americano Frank Granata, il quale si serve del nome del fondatore della sua religione, il ‘profeta’ Joseph Smith, per propagandare i formaggi da lui venduti.
D’altra parte, la pubblicità sempre più invadente, come pure le ossessionanti canzonette che spuntano, in stridente contrasto, nel finale di una rappresentazione all’aperto di una tragedia di Euripide, in Recita al teatro romano, sono altri aspetti della società verso le quali lo scrittore non risparmia il suo sarcasmo. Un tono grottesco e irridente è presente invece nel racconto Il frutto interdetto, dove viene descritta un’antica usanza di Ripa di Macchia, quella della «ingreppiata», cioè della scorpacciata di fichi d’India, che provoca al segretario comunale un blocco da cui viene liberato miracolosamente in seguito a una ‘grazia’ fattagli da Sant’Eustachio.
Una ironia venata di malinconia si nota infine in L’uomo dal proverbio in bocca dove si narra che in seguito alla morte di Antineo Morace, un vecchio «apparatore» di Suio Canneto, scompare anche il suo laboratorio artigianale trasformato dalla intraprendente nipote in un più utile e vantaggioso locale alla moda rivolto ai turisti, il ‘Pubizza Morace’, segno dei tempi ormai inesorabilmente cambiati.