Giuseppe Favati, Per esempio, con la coda dell'occhio

03-02-2006

Così l'eros avvampa solo le menti e lascia la pratica a mani vuote, di Barbara Cupertino



L’editore Manni di Lecce, dopo il romanzo My sweet family di Francesco Venditti (che in due mesi è stato scaricato 700 volte) e proseguita con Ladri di stelle di Marco Innocenti (anche qui due mesi con circa 500 downloads), manda sul suo sito in rete (www.mannieditori.it), il romanzo di Giuseppe Favati Per esempio, con la coda dell’occhio. Il libro per chi vuole è possibile scaricarlo dal primo febbraio. Argomento: l’eros lesbico nelle sue tante versioni, all’aperto, al chiuso, occasionale, di coppia fissa. Il tutto su uno sfondo narrativo sociale che inevitabilmente diventa anche linguistico. Un paesaggio possiamo dire di sesso che poi è solo un pretesto per esibire una lingua innamorata. Lingua bassa. Orale. Onanistica. Una “Tel quel”, che da modo di ambientare pezzi di racconti. Mario Lunetta definisce il lavoro “da umorista iroso cresciuto a proteine di passione civile e di raffinatezze letterarie”.
Ecco qualche assaggio:
“Uscendo la mia proposta è di brindare all’evento nel bar della piazza. Poi ci avviamo per una stradetta che porta ancora più in alto, un tripudio di verde nasconde le ville dei culirotti, loro sì da sempre, né hanno bisogno di aspettare il 2010. Nrica: nonsisammai. E intende (la vecchia storia): dentro queste ville, e dentro questo meraviglioso silenzio, uomini e donne, mariti e mogli, possono macerarsi nell’odio o nell’indifferenza. Indissolubilmente, secondo rito romano-universale. Eccetera. Meglio salutare (io, in allegria) il viandante che scende per la stradetta deserta. Lo sconosciuto appare sorpreso, risponde con un borbottio al mio buon giorno, c’è tuttora molta luce. E la mia compagna: è l’uso più civile e più perduto. Il verde si dirada in uno slargo imprevisto quanto pesticciato, rinasce su una gibbosità le cui proporzioni vanno crescendo e non si capisce che cosa potremmo trovare lassù. Ci guardiamo, d’accordo, avventuriamoci. Senza scambiare nessun commento, a passo svelto, saltellante, e così il fiato grosso. Finalmente una radura invita. Nrica mi bacia sul collo e spinge verso terra. Forse ha sentito irrigidimento, non voluto, che gli fa uscire un ecché, matrimonio non registrato e non consumato? All’aperto né frigo né bagno. Penso la prima notte di nozze, la tradizione della sua normalità, aggressioni, stupri. Mentre le mani di Nrica mi grattano i capezzoli, la mia destra allenta la cintura e entrambe, destra e sinistra, fanno scivolare contemporaneamente mutandine e gonna. Mi basta solo un poco, attendo l’iniziativa di Nrica: me le strapperà anche qui. Meraviglia, la mia compagna prosegue lei la discesa dei due capi fino all’altezza dei polpacci. Con eguale delicatezza suggerisce: masturbati. Mi domando: questa sarebbe la nostra prima notte? Non indugio sulla finzione naturalmente, già smanio per l’avvampamento che sale dalla clitoride stimolata. Intanto gonna e mutandine hanno scavalcato le scarpette da ginnastica. Voci nel bosco, uomini da punti diversi si rimandano parole incomprensibili, ma poi è chiaro: cercatori di funghi. Grido non di spavento, Nrica mi ha penetrata, indice e anulare nelle due fessure disponibili. Ecco la nostra prima notte, presto raggiungerò il primo orgasmo da sposa”.
E così di foia in foia. Quasi a registrare un’epoca in cui l’eros eroso dal mondo, si manifesta avvampando più le menti che la pratica. E che si rifugia in fuochi linguistici per sperimentarsi.