Con Pecos Bill e l'amazzone galleggiando in riva al Tevere, di Diego Zandel
Più che un giallo è un entertainment, ovvero un divertimento, in salsa romanesca, l’ultimo romanzo di Giuseppe Fiori, Chi ha rubato Pecos Bill?, edito a Lecce da Manni, noto per aver scritto fino qui tanti gialli in coppia con Luigi Calcerano.
A un collezionista viene rubata l’intera collezione di fumetti del mitico Pecos Bill, il cowboy in sella a cavallo bianco e che per arma usa solo il lazo… Delle indagini viene incaricato il commissario della polizia fluviale, Omar (anagramma, non a caso, di Roma) Martini, responsabile di un ufficio scalcagnato e dimenticato sull’isola Tiberina, dove trascorre il tempo leggendo la cronaca di “il Messaggero” e qualche libro di Ennio Flaiano, di cui è cultore. Questo, ovviamente, tra un simpatico e scanzonato scambio di battute dal sano sapore romanesco con il sempliciotto brigadiere Almarati, che da una vita, portandogli il caffè, gli chiede se lo vuole dolce o amaro. O scommesse in cui il pegno per chi le perde è pagare il Fernet, da anni, anche se poi si viene a sapere che «A me poi ’sto fernet manco me piace». Le battute, le gag, sono continue e, insieme alla caratterizzazione dei personaggi, costituiscono il vero divertimento del libro. Che è da leggere anche per i numi che lo ispirano, come un omaggio, oltre che ad uno dei personaggi più amati del fumetto italiano, a Flaiano e al suo straordinario, fulminante humour. Naturalmente i due poliziotti, opportunamente mimetizzati, aspettano la domenica per visitare il mercato di Porta Portese, certi di trovare lì l’intera collezione e, attraverso il ricettatore, il ladro. Trovano infatti il malloppo, ma proprio sotto i loro occhi viene di nuovo, immediatamente, sottratto da un ladro che ben presto sfugge non solo alla presa ma alla vista, tra le tante bancarelle e la tanta gente che affollano il mercato. Ogni inseguimento è vano.
Intanto, le indagini conducono il commissario Martini a incontrare qualche confidente, vecchie volpi del settore, simpatiche canaglie, che non hanno mai fatto male a nessuno, ladri ormai in pensione, dediti alla pesca sul fiume con la nipotina, comunque debitori di qualche dritta al bonario poliziotto, che di pesci, almeno lui, non sa bene quali pigliare. Ce n’è uno, però, tale Spider, a cui un personaggio sospetto affida alcuni compiti di non facile destrezza, oltre all’ingente premio in denaro «dieci pezzi per te prima che finisci de magnà e dieci dopo…».
L’intrigo si complica quando una bella poliziotta, del vicino distaccamento di polizia a cavallo di Santa Maria dell’Orto, si presenta al commissariato per denunciare il furto, nella sua casa di via del Mattonato, sempre in Trastevere, della bella sella che le era stata regalata… «Era bella, un corpo da atleta e lunghi capelli neri con una coda di cavallo… ma era un militare! (…) Accavallò lentamente le gambe , lunghe… questo un militare non lo fa, eppure…».
Poi a sparire, e questa volta addirittura dalla stalla dello stesso distaccamento di polizia a cavallo, sarà uno esemplare di equino, di colore bianco, come il cavallo di Pecos Bill. Dopo di che non capita forse di vedere nelle notti, a un certo momento, passare Pecos Bill in persona a cavallo del suo Turbine, con tanto roteare di lazo? Non sarà, per caso, questo Pecos Bill casereccio legato al mistero di tutti questi furti, a cominciare proprio dalla collezione di fumetti? Al commissario Martini l’obbligo e al lettore, naturalmente, il piacere di scoprirlo.