Giuseppe Petronelli, L'etica di Giovanni Calò

10-01-2012

Un filosofo per la pedagogia, di Gerardo Trisolino

A uno dei più famosi pedagogisti e filosofi del Novecento, Giuseppe Petronelli dedica il suo libro pubblicato da Manni: L’etica di Giovanni Calò (pp. 222, € 20,00).
Nato a Francavilla Fontana il 24 dicembre 1882 (ed ivi deceduto nel 1970), Calò frequentò l’università di Firenze, dove si laureò in Filosofia con Francesco De Sarlo, esponente di spicco del positivismo in aperto contrasto con l’idealismo crociano e l’attualismo gentiliano. Fu un giovane geniale, tanto che a soli 24 anni vinse la cattedra di Filosofia morale all’università di Palermo. Nel 1911 ritornò a Firenze come docente di Pedagogia, cattedra che ricoprì fino al 1952. Dal ’44 al ’47 è stato anche preside della facoltà di Lettere e Filosofia. Nella città toscana assunse un posto di ri-lievo nel dibattito filosofico e pedagogico nazionale, intento com’era “a dare alle scienze filosofiche dello spirito… l’aspetto e il metodo più scientifico, più aderente che fosse possibile alla realtà dell’esperienza”. Anche per questa ragione teoretica, approdò infine alla pedagogia e più ancora alla didattica, alle quali dedicò gran parte delle sue opere.
L’orientamento sociale e pratico del suo pensiero, improntato dall’anelito alla libertà che Calò rite-neva connaturato nell’uomo, lo portò a commisurarsi con l’esperienza politica. Fu, infatti, deputato al Parlamento dal ’19 al ’24 (insieme a Salvemini), segretario della presidenza della Camera e sotto-segretario alle Antichità e Belle Arti nel primo ministero Facta. Non aderì al fascismo e fu per que-sto più volte minacciato (anche da Starace in persona) e aggredito dalle facinorose camicie nere, come quando difese pubblicamente Salvemini in occasione del suo arresto.
Nel ’29 fondò a Firenze il Museo didattico nazionale e lo diresse fino al ’38.  
Dopo l’8 settembre del ’43, sempre a Firenze, prese parte alla Resistenza contro il nazifascismo. Dopo la Liberazione approdò infine alla Democrazia Cristiana (nelle cui liste fu candidato nel ’48 e nel ’53), che meglio interpretava l’approdo del suo pensiero verso il “realismo spiritualista” e l’umanesimo cristiano. Nel secondo dopoguerra riversò il suo impegno per il rinnovamento della scuola nelle varie commissioni per la riforma dei programmi della scuola primaria e secondaria.
Della “scienza etica”, a cui è dedicato in particolare questo interessante contributo di Petronelli (francavillese anche lui, ma attualmente residente a Roma, dopo aver insegnato per una vita filoso-fia nei licei e negli istituti magistrali di Milano), ne parliamo con l’autore.              
        
Chi è preminente, secondo te, il Calò filosofo o il Calò pedagogista?
Senza dubbio il Calò è ricordato soprattutto come pedagogista. Il fatto che egli abbia ricoperto la cattedra di Pedagogia all'ateneo fiorentino per più di quarant'anni o il fatto che il suo “Corso di Pe-dagogia” in tre volumi, pubblicato negli anni 1946-1949 e più volte ristampato sino al 1969, abbia rappresentato un punto di riferimento per gli studenti degli istituti magistrali negli anni Cinquanta e Sessanta, tutto ciò è bastato per pensare a lui solitamente come a un pedagogista. E, però, il fatto che nel volume secondo del “Corso di Pedagogia” fosse messa un'Appendice di carattere prettamen-te filosofico; o il fatto che fosse designato come Presidente del Congresso Internazionale di filosofia tenuto a Roma nel 1947; o il fatto che dirigesse, insieme col Castelli, l'Edizione Nazionale dei «Classici del Pensiero» o che fosse uno dei protagonisti ai Convegni del Centro di studi filosofici di Gallarate o a quelli di Scholé di Brescia, assumendone talvolta la Presidenza; ebbene, tutto ciò è sufficiente per farci capire che la filosofia è stata per il Calò, sino alla fine della sua vita, la fonte da cui sempre attingere per arrivare a una valida interpretazione della realtà sulla quale costruire un va-lido discorso di carattere pedagogico.

Parliamo dell’etica del Calò, a cui è dedicato il tuo libro.
L'etica ha rappresentato certamente il vero interesse filosofico del Calò. Gli altri campi tradizionali di investigazione, quali quello gnoseologico, ad esempio, o quello estetico, sembrano essere nel Ca-lò in funzione del problema etico. In un certo qual modo, si può dire che il suo pensiero filosofico si identifica con la sua stessa etica. Essa può essere identificata in un percorso speculativo che trova la sua prima chiara manifestazione nel cosiddetto “realismo spiritualista”, per approdare all’“umanismo cristiano”.