Gladis Alicia Peryra, I panni del saracino

08-11-2015

Un'intervista, di Laura Cardinale

 

 

Da dove nasce il suo interesse per il romanzo storico? La sua formazione letteraria rimanda a questo genere e/o ad altri?
L’interesse per il romanzo storico nasce da una predisposizione, direi, naturale. Fin da piccola mi piaceva ascoltare storie del passato. Mia nonna mi raccontava dell’Italia, di come era stata la sua infanzia a Sartirana Lomellina, io ascoltavo e fantasticavo. Vedendo ritratti di persone morte da tempo, cercavo d’immaginare il mondo in cui erano vissute, come erano state da giovani, come si vestivano, che cosa facevano. Ho realizzato la prima ricerca storica a quattordici anni. Al mio liceo era stato indetto un concorso letterario a tema storico a cui partecipava tutta la scuola, allora frequentavo la seconda classe. Scelsi di scrivere su Mariano Moreno, un politico dell’indipendenza argentina che mi attirava perché era stato un grande democratico, morto in circostanze misteriose. E’ stata la prima volta che sono entrata in una biblioteca pubblica per fare una ricerca. Il mio componimento arrivò terzo, fu un vero successo perché al primo e al secondo posto si piazzarono quelli di due ragazze della quinta classe che, ovviamente, avevano molti più elementi di me per redigere uno scritto vincente. Io, però, possedevo già un bel dominio della lingua e, forse in modo intuitivo, sapevo come strutturare il testo.
Può sembrare curioso ma non sono una lettrice di romanzi storici. Come lettrice sono piuttosto onnivora. Ho cominciato giovanissima a leggere libri importanti, ai tredici anni ho letto la Divina commedia tradotta in spagnolo e ho iniziato a leggere Shakespeare. La mia formazione letteraria si basa sui grandi autori del passato, Proust in primo luogo, Virginia Woolf, Dostoevskij e Carl Gustav Yung, molto di ciò che ho appreso dai suoi saggi mi è servito per creare la psicologia dei miei personaggi.
Che tipo di ricerche ha dovuto svolgere per il suo libro e a quali fonti si è rivolta?
Per i miei due romanzi, “Il cammino e il pellegrino” e “I panni del saracino” (quest’ultimo di recente presentato a Roma presso la Casa delle Letterature da Marco Ferrazzoli e Piera Mattei) ho condotto ricerche su testi di medievisti moderni e su documenti dell’epoca. Per il primo romanzo la cui storia si svolge nella Firenze di Dante, la ricerca è stata molto articolata ma anche molto agevolata dalla grande quantità d’informazioni a disposizione. Per “I panni del saracino” invece, è stato un lavoro difficile, a volte frustrante. Gran parte dell’azione trascorre su una galea del XIII secolo; di questa tipologia di nave è arrivato fino a noi solo qualche relitto di scafo, esiste scarsa documentazione scritta su come veniva armata e le ricostruzioni eseguite da ricercatori moderni si basano soprattutto su esemplari posteriori. E’ vero che la galea, nave da guerra per eccellenza, salvo alcune modifiche, si mantenne sostanzialmente immutata fino alla comparsa delle armi da fuoco e anche con la aggiunta dei cannoni la struttura non cambiò significativamente; inoltri le misure si conoscono con una certa precisione da documenti dell’epoca. Questo per quanto riguarda la struttura della nave che, con non poca fatica, sono riuscita a ricostruire; il vero problema si presentava nel momento di raccontare la vita a bordo e tutto quel che aveva attinenza con il governo della nave, le manovre, il remeggio, lo sfruttamento del vento. Nell’ambientare un romanzo mi impongo una regola che raramente trasgredisco, e quando lo faccio è per esclusive necessità narrative, la fantasia la uso per creare i personaggi e le situazioni dell’intreccio, per la ricostruzione storica mi attengo fedelmente alle fonti. E qui bisogna che chiarisca che intendo per fedeltà alle fonti. Ogni ricostruzione del passato è una versione soggettiva dell’autore e questo vale non solo per gli scrittori ma anche per gli storici. Il dato storico si presta a mille interpretazioni, come ogni dato della realtà; dunque, la ricostruzione di quello scorcio del XIII secolo in cui trascorre l’azione dei miei romanzi, nonostante il rigore che ho messo nella ricerca, è una mia personale interpretazione delle fonti.
Tornando a “I panni del saracino”, un altro problema lo rappresentavano le battaglie navali, per risolverlo mi sono rivolta al cronista catalano Raimondo Muntaner e alla fantasia. Nella “Histoire du royaume latin de Jérusalem” di Joshua Prawer ho trovato le informazioni necessarie per narrare la caduta di San Giovanni d’Acri in mano al Sultano di Egitto e anche la topografia della città. La ricostruzione di Genova è stata complessa, laboriosa, però, meno difficile. Per quanto riguarda le colonie sul mar Nero, il commercio, l’organizzazione di una spedizione corsara, mi hanno aiutato, tra altri – la bibliografia è molto lunga -, i testi di Laura Balletti e di Michel Balard. Rispetto alla Genova fisica, alla vita quotidiana, alla situazione politica, ho utilizzato come testo base la Cronaca Genovese di Jacopo da Varazze.
Ha competenze teatrali e cinematografiche. Questo ha influito sul suo modo di scrivere?
Sì, penso che il cinema abbia influito non poco sul mio modo di scrivere. Scrivo “vedendo” nei particolari la scena che racconto, questo spiega le molte descrizioni che si trovano nei miei romanzi.
Il mio regista più amato è, non a caso, Luchino Visconti, dai suoi film ho imparato quanto sia importante la cura del dettaglio, l’angolatura da cui si guarda la scena e l’estetica. Tutte cose che devono avere una funzione espressiva, devono essere parte indivisibile della narrazione. Un altro regista molto amato e, per fortuna, ancora vivo e attivo è Ermanno Olmi.
Entrambi i romanzi pubblicati sono ambientati nel ‘200, seppur in scenari completamente diversi. Cosa la ha indotta a scegliere specificamente questo periodo storico?
Credo che sia stato il caso. “Il cammino e il pellegrino” si è conformato attorno alla figura di una mistica, Fiammetta; per il personaggio mi sono ispirata a una grande mistica del ‘200, Angela da Foligno. Sono partita con un’idea che si è completamente trasformata strada facendo. L’azione sarebbe dovuta svolgersi in una città imprecisata di quel secolo e così ho iniziato a documentarmi sulla Fiorenza di Dante. Ho scelto Firenze perché la ho amata prima ancora di conoscerla. Questo approccio, che avrebbe dovuto essere abbastanza limitato, si è rivelato una trappola e, quasi senza rendermi conto, mi sono talmente calata nella realtà di allora che, da sfondo imprecisato, la città è diventata una delle protagoniste del romanzo.
Nerino dei Buondelmonti, il protagonista di “I panni del saracino” è un fiorentino sradicato dalla sua terra; ha rinunciato all’eredità di primogenito per diventare francescano nella lontana San Giovanni d’Acri. La sua storia inizia il giorno dopo la caduta della città in mano ai mamelucchi e in mezzo alla carneficina che ne consegue, la data è il 19 maggio 1291. Siamo nuovamente nell’ultima decade del XIII secolo. Della caduta d’Acri avevo parlato nel primo romanzo perché è stata una catastrofe che sconvolse l’intera cristianità: la perdita d’Acri significava la scomparsa definitiva del Regno latino di Gerusalemme. Ho voluto inserire il mio personaggio nel pieno del massacro perché il trauma causato dalla violenza subita e inferta sia all’origine della sua radicale trasformazione: Nerino, il pacifico francescano, diventerà lo spietato pirata e corsaro che chiameranno “il Frate”.
Se il caso mi ha condotta al ‘200, a intrappolarmi è stato il dinamismo, l’enorme vitalità del periodo che si dispiegava in ogni settore; dall’artigianato al commercio, alle finanze, all’arte, alla letteratura, alla urbanistica, alla navigazione, alla scoperta e la conquista di nuovi mercati – Nerino diventerà corsaro per Genova nella guerra contro Venezia per il dominio sui mercati di Bisanzio e del Mar Nero -. Il ‘200 è un secolo di rinascita, dove affonda le radici la modernità.
 
Del XIII secolo e della seconda metà del XII mi sono occupata, oltreché nei romanzi, nei miei articoli.
Quali sono le difficoltà che si incontrano nel voler pubblicare un romanzo molto storico e poco “fantastico” come quelli pubblicizzati soprattutto negli ultimi tempi.
Le difficoltà sono enormi. L’immagine che la gente si è formata del Medioevo, colpevole una certa letteratura fantastica e le case editrici che la pubblicano, oltre ai film e alle serie televisive, è di un periodo buio, barbaro, spietato, in cui le tracce della civiltà classica sono scomparse e vige la legge del più forte. Un’epoca di superstizione e di magia, di occultismo e di traffici con le forze dell’aldilà. Insomma, nulla a che vedere con il Medioevo reale, storico. Già la parola Medioevo è una forzatura perché comprende uno spazio di tempo talmente vasto da rendere impossibile trovare un comune denominatore. Alessandro Barbero, in un suo intervento durante il recente Festival del Medioevo di Gubbio, immaginava lo stupore di Carlo Magno se, all’improvviso, si fosse trovato in mezzo a un accampamento Templare. Tra Carlo e l’Ordine dei Templari sono passati qualcosa come tre secoli e in questo lasso di tempo ci sono stati in Europa e nel mondo dei mutamenti, direi cospicui. Carlo era in ottimi rapporti con il Califfo di Bagdad e un conflitto con i saracini di oltre mare non se lo sognava nemmeno, aveva già abbastanza da fare per governare il suo impero.
Qualcosa, però, sta cambiando in questa dicotomia tra Medioevo fantastico e Medioevo reale, tutto a favore di quest’ultimo, lo conferma il successo ottenuto dal Festival del Medioevo di Gubbio.
I miei romanzi che nulla concedono alla fantasy, non interessano alle grandi case editrici. Per fortuna esiste ancora una realtà editoriale indipendente che mira alla qualità letteraria dell’opera e non alle tendenze del mercato e sono queste case editrici coraggiose che bisognerebbe spingere e sostenere perché costituiscono vere sacche di resistenza all’attuale omologazione culturale.
Progetti futuri?
Nell’immediato futuro, occuparmi della promozione di “I panni del saracino” cercando di raggiungere la maggior quantità di possibili lettori. Per questo, oltre alle presentazioni già programmate nelle grandi città – il 30 gennaio 2016 verrà presentato a Milano da Italia Medievale presso l’Ancora Store -, mi piacerebbe portarlo nei piccoli centri urbani, dove spesso non esistono librerie e a volte neppure una biblioteca veramente funzionante.
Ho anche intenzione di riprendere la stesura di un romanzo che ho iniziato tempo fa e poi interrotto per occuparmi delle bozze di “I panni del saracino” in vista della pubblicazione. Questa volta protagonista è un personaggi femminile.