Grano Ogm rischia di minacciare "dieta mediterranea", dice libro, di massimiliano Di Giorgio
L'avvento del grano geneticamente modificato, pur se per il momento scongiurato dalla rivolta di agricoltori e ambientalisti, potrebbe mettere a rischio anche la "sovranità alimentare" italiana, quella delle quattro famose "P"- pane, pasta,
pizza e pasticceria - e della dieta mediterranea, e sconvolgere l'agricoltura della Penisola.
E' l'allarme che lancia uno studio collettivo in questi giorni nelle librerie, Grano o Grane, che è anche il racconto dell'omonima campagna lanciata nel 2004 dal Consiglio dei Diritti genetici (Cdg), un'organizzazione che si occupa dell'impatto delle biotecnologie, soprattutto in campo ambientale e alimentare.
Le colture Ogm oggi più diffuse sono soia, mais, cotone e colza, in grandissima parte destinati al consumo animale, spiega il libro curato da Luca Colombo. Ma l'annuncio nel 2003 della creazione di un frumento modificato geneticamente per resistere a un particolare erbicida ha fatto di colpo cambiare scenario. Perché il grano è oggi l'elemento per eccellenza della dieta di circa 2 miliardi di persone al mondo, il primo alimento commercializzato su scala mondiale, il secondo prodotto per il consumo umano più coltivato al mondo dopo il riso - il mais infatti è destinato per due terzi a mangime - e sta penetrando sempre più anche nei mercati dei paesi che storicamente non erano grandi consumatori di frumento.
LA RIVOLTA GUIDATA DAGLI AGRICOLTORI
Il grano Ogm, ricordano gli autori, stava per essere lanciato in Usa e Canada (due paesi che insieme all'Argentina ospitano l'85% circa dei terreni coltivati a Ogm al mondo), quando le proteste provocate dall'annuncio convinsero nel maggio 2004 l'azienda produttrice Monsanto a congelare i piani di immissione in commercio. Due mesi dopo, comunque, la Food and Drug Administration americana autorizzò il grano Roundup Ready (RR), che però non fu immesso sul mercato. "A guidare la rivolta - ricorda il libro - non è stato il movimento antiglobalizzazione o le associazioni ambientaliste, ma gli operatori del mercato alimentare, quella filiera che ha nel business la sua ragion d'essere". La preoccupazione principale dei farmer nordamericani in realtà era quella di subire uno svantaggio commerciale dall'introduzione del frumento Ogm, dato che l'opinione pubblica internazionale era (e resta, dicono i sondaggi) decisamente ostile ai prodotti geneticamente modificati, favorendo così paesi Ogm-free. Uno studio Usa, citato dal libro ma riportato anche da Reuters nel 2004, parla di una previsione di 100 milioni di dollari di esportazioni mancate proprio a causa dell'eventuale commercializzazione del frumento transgenico. La decisione di congelare l'immissione in commercio del RR non ha però eliminato il rischio di una sua diffusione nel futuro prossimo, anche nel Vecchio Continente, afferma il libro, prima di tutto per la possibilità di una contaminazione casuale.
Perché anche se il grano Ogm dovesse essere impiegato solo nelle colture nordamericane, gli acquisti di partite di grano tenero e duro da parte di aziende italiane ed europee comportano la possibilità che al momento della lavorazione possa avvenire la contaminazione del frumento locale.
IL FRUMENTO OGM NON RIDURREBBE LA DIPENDENZA ITALIANA
La strada di un'introduzione diretta del grano Ogm in Italia è invece più difficile, spiega il libro, perché la coltivazione del prodotto transgenico non aumenterebbe i profitti degli agricoltori (per la dinamica dei prezzi, che scenderebbero in presenza di quantitativo più abbondante dei raccolti) e anzi costerebbe loro di più per l'uso degli erbicidi specifici a cui l'RR è resistente, ma soprattutto non ridurrebbe la dipendenza dall'estero per l'acquisto di frumento.
Per lo stesso motivo - cioè la necessità di acquistare partite di grano in altri paesi - anche "la totale preservazione del nostro sistema produttivo agricolo dalla presenza di frumento Ogm non potrebbe assolutamente garantire all'industria alimentare italiana la possibilità di approvvigionarsi di materia prima Ogm-free, se non per pochi prodotti di nicchia", è scritto in uno degli studi che compongono il volume.
Ma le colture Ogm potrebbero arrivare anche sull'onda, spiega il libro, dalla crisi provocata nel settore delle sementi dalla riforma del Pac, il Programma agricolo comune dell'Unione europea. Oggi la Pac sembra disincentivare il miglioramento genetico classico e finisce per togliere, secondo i critici, fondi alla ricerca, favorendo le multinazionli delle biotecnologie,
che dispongono di denaro da investire e del know how necessario per dominare il futuro mercato italiano.
Insomma, conclude il libro, l'introduzione del grano Ogm in Italia, "che vanta una miriade di prodotti di qualità derivanti dal frumento, famosi da noi e nel mondo, determinerebbe danni irreggibili, non soltanto sul piano della specificità e originalità alimentare, ma anche su quello del portafoglio agricolo e di tutta la filiera della trasformazione".