Colpe e segreti nel castello, di Cristina Taglietti
«Tutto sta a diventare ottantenni. Poi basta lasciarsi vivere…». Lo scriveva Paul Léautaud, lo cita Guido Davico Bonino, critico letterario e teatrale per “La Stampa”, a lungo dirigente di Einaudi, che, superata la soglia dei settant’anni, si diletta con un piccolo thriller dell’anima che indaga colpa e genio. Lo fa attraverso la figura di un celebre e aristocratico regista (di teatro, cinema, opera lirica), con un furore fanatico per i cavalli, un castello avito dove si ritira e un segreto rimosso. Dettagli biografici che richiamano alla mente Luchino Visconti ma in cui si può supporre che Davico Bonino inglobi tratti di altri geni più o meno irregolari da lui conosciuti, compreso Giulio Einaudi. La suspense si crea quando il protagonista, vecchio e malato, incontra nel parco del castello una giovane sconosciuta e la madre, che lo pongono di fronte alla colpa. Davico Bonino rimane tra le quinte, osserva, registra e lascia intendere il giudizio.