Col siciliano Apolloni, Oriente e Occidente si incontrano a Parigi, di Deborah Pirrera
Ignazio Apolloni, scrittore palermitano, gode di una viva immaginazione e una facilità di scrittura che unite al gusto per la sperimentazione alla ricerca di sempre nuove soluzioni stilistiche, ma senza mai tralasciare la sua fervida auto ironia, ne fanno autore fecondo e capace. Così, a pochi mesi dal successo di L’amour ne passe pas esce il libro Marrakech romanzo che non disdegna l’indagine sociologica e storica, insieme a un approfondito scavo psicologico intorno ai personaggi.
Farah Said, la protagonista, è una ragazza berbera, razza che fra quelle Orientali è la più attenta verso la cultura in generale e quella francese in particolare. Ha studiato presso un istituto di suore, conosce bene le lingue, inizia a lavorare come interprete e, data anche la sua singolare bellezza, per una serie di vicissitudini, appena sedicenne viene notata da un noto regista francese, Claude Lelouch che la inizierà al cinema. Presto lascia la sua terra d’origine per approdare a Parigi, ospite del regista, e cominciare così una vertiginosa vita da star del cinema, ambita da più o meno celebri spasimanti.
Il romanzo nella sua ampiezza offre numerevoli spunti di riflessione, tra gli altri il tema dell’integrazione e dell’assimilazione è uno fra quelli per cui il libro merita di essere letto.
Lungi dal voler dare giudizi relativamente a una tematica quanto mai controversa e attualmente dibattuta urge fare una differenza sostanziale tra i due termini. L’assimilazione si verifica quando è l’identità culturale e religiosa, l’essenza più intima dell’individuo a essere messa in discussione, in un graduale appiattimento verso il gusto dominante; altra cosa è l’integrazione che lascia libero l’individuo di inserirsi sino a diventare parte integrante di un sistema politico sociale, e quindi di un sistema in generale. Integrati furono gli ebrei, sino a divenire una delle classi economiche più forti, nelle banche come nei servizi, ma quando si tentò di assimilarli la cosa non riuscì, rendendo “necessario” lo sterminio.
Ancora prima, i Greci meglio che i Romani, integravano i popoli conquistati rispettandone usi e tradizioni e arrivando anche all’umile gesto di farli propri quando ne riconoscevano la superiorità. I Greci rappresentano ancora oggi un modello di splendore in ogni campo. Il libro di Ignazio Apolloni risulta, quindi, di eccezionale attualità, ma in mezzo a una produzione che si sta intensificando, libresca, cinematografica, giornalistica in cui sostanzialmente due sono gli atteggiamenti, o una cattiva imitazione del mito del “Buon selvaggio” o il suo esatto contrario, Marrakech si erge come una voce fuori dal coro.
“L’altro”, nel mondo della Globalizzazione, che ben si applica alle merci ma svanisce se si parla di uomini, diviene spesso problema: dove metterlo, cosa farne, come disfarsene di questo, invasore, nuovo barbaro, reale o presunto malvivente? Oppure, di contro, maldestri sforzi di farne uno di noi, non riconoscendolo realmente, ospitandolo in non luoghi quali potrebbero essere i nostri CPT. L’argomento, che potrebbe farsi lungo e complesso senza per altro avere la possibilità di giungere ad alcuna conclusione, Ignazio Apolloni lo sfiora e passa oltre, vola alto, lo rende sfondo di una vicenda, in primo luogo umana.
Due civiltà, quella Orientale e quella Occidentale, non vengono messe a confronto, e quando questo avviene è solo accidentale; scorrono semplicemente accanto l’una all’altra, dando l’una all’altra, senza giudizi o pregiudizi da parte dell’autore, essendo semplicemente. L’Oriente è presente con i suoi riti del tè, i panni lavati nei ruscelli, il tempo che scorre lento, la magnifica descrizione di un deserto totemico in cui ogni elemento naturale è rimando ad altro da sé. L’Occidente in un tempo che diviene frenetico, quello della splendida metropoli parigina con i suoi vernissage, le mostre cinematografiche, le boutique, i bei salotti; un Occidente che solo a tratti diviene invadente, quando i media affollano la casa di Farah Said in cerca di uno scoop.
Anche il tempo del racconto cambia, e all’interno di uno stesso periodo si passa dal tempo presente al passato del monologo interiore che accompagna i ricordi. Anche la visione dell’altro si ribalta continuamente, altro è il Lelouch, amore platonico e maestro di Farah Said, da cui c’è tanto da imparare, ma l’altra per il regista è anche Farah, da osservare e scoprire, a dispetto dei suoi silenzi.
Ma se l’attualità è cercata e trovata dall’autore, forse l’elogio alle donne è solo un tema accidentale, ma non per questo meno riuscito, del libro. Utopica come soluzione ma non tanto per l’impossibilità ma per la lentezza di questo processo, stando anche alla sottocultura di molte donne orientali, è la visione della figura femminile come portatrice di pace, come quella che riuscirà a porre fine a questa violenza endemica, che diviene terrorismo psicologico prima che effettivo, ma è un antidoto vecchio come il mondo quello che Ignazio Apolloni propone in Marrakech: l’amore.