Da Saba a PPP. Così la letteratura andò in gol, di Valentino Losito
Ci sono uomini che scrivono con i piedi ma nessuno osa correggerli, perché usando un pallone al posto della penna compongono bellissime poesie. Prendete la perfezione artistica di Pelè, la fantasia al potere di Maratona, la grazia di Cruyff, lo stile di Platini, la follia di Sivori, la classe di Di Stefano, il vigore di Valentino Mazzola, l’arte di Roberto Baggio e poi dite se Gianni Brera non indovinò nel paragonare un gol di Pelè, al primo verso de «La sera del dì di festa» di Giacomo Leopardi: Dolce e chiara è la notte e senza vento.
Sabato 19 novembre, mentre nello stadio di Madrid, il brasiliano Ronaldinho, nuovo Pallone d’oro, lasciava a bocca spalancata avversari e spettatori, portando al trionfo il Barcellona con le sue straordinarie giocate, all’Olimpico di Roma, Zlatan Ibrahimovic, fenomeno juventino, svedese con sangue serbo-croato, lo emulava, a distanza, addomesticando con il tacco un pallone che viaggiava a mezz’aria e servendosi, da solo, un assist a palombella che gli ha spalancato la via del gol.
In tempi in cui il pallone sembra rotolare sempre più in basso, tra doping, stadi vuoti, violenza, scommesse e bilanci truccati, gli innamorati del calcio vanno come mendicando questi prodigi fatti con i piedi dai funamboli dell’allegria. Sono pietre preziose che si conservano nel cofanetto dei ricordi perché, come diceva Pasolini, nel calcio vi sono momenti che sono elusivamente poetici: il dribbling e soprattutto il gol che è sempre, invenzione, folgorazione, stupore, abilità.
Un momento eroico, ma anche umanissimo, perché alla gioia di chi lo ha segnato e dei suoi festanti compagni di squadra, si contrappone la tristezza di chi lo ha subito, del portiere che «caduto alla difesa ultima vana, contro terra cela la faccia, a non veder l’amara luce. Il compagno in ginocchio che l’induce, con parole e con mano a rilevarsi, scopre pieni di lacrime i suoi occhi».
Sono versi di «Goal», una poesia di Umberto Saba, che danno il titolo al libro curato da Folco Portinari, Il portiere caduto alla difesa (Manni editore, euro 10,00), un interessante saggio sul calcio e il ciclismo (altro sport poetico e popolare) nella letteratura del Novecento. Leggendo i testi di poeti e scrittori come Alfonso Gatto, Primo Levi, Mario Luzi, Eugenio Montale e Vittorio Sereni (oltre ai già citati Saba e Pasolini) o di giornalisti come Giovanni Arpino, Antonio Ghirelli e lo stesso Brera, si riassapora il ricordo vivo e magico di un’epoca in cui anche il calcio non era dominato dalla spettacolarità della televisione e il suo fascino era affidato al racconto di questi scrittori e alle cronache di aedi radiofonici come Carosio, Ciotti e Ameri.
Un calcio ancora in bianco e nero, ingenuo e disincantato ma anche tragico quando, come nel caso di Gigi Meroni, di Garrincha e, nei giorni scorsi, di George Best, l’estro calcistico incrocia un amaro destino di solitudine e di morte.
La perla del libro è il breve ma straordinario saggio di Pier Paolo Pasolini sul «calcio e il suo linguaggio con i suoi prosatori e i suoi poeti», che conferma quello che ha detto Adriano Sofri e cioè che per capire Pasolini, bisogna leggere le sue pagine sul calcio. Servendosi anche di schemi grafici, che rivelano una grande conoscenza tecnica del gioco, Pasolini dimostra come il calcio sia tra le massime espressioni della cultura e della storia di un popolo. L’Italia, per esempio, è la patria del calcio in prosa, mentre il Brasile è il paese dove il calcio è poesia.
Nonostante sia sottomesso ormai del tutto al «Dio» del denaro e della televisione, il calcio continua ad essere un grande affresco di sentimenti dove tutto è rappresentato: la vittoria e la sconfitta, la gioia e il dolore, l’amicizia e il grande antagonismo, l’individualismo e l’altruismo. Ci sarà ancora chi, nel calcio, farà la «rabona» (il cross effettuato con un piede che passa dietro l’altro, in corsa, per colpire il pallone da sotto), la «foglia morta» su calcio di punizione, la «rovesciata», il «tacco», la «finta», il «doppio passo» e il «tunnel». La speranza è che il pallone possa incontrare chi continui a guardarlo con gli occhi del bambino eternamente innamorato del gioco e lo racconti con la magia dei poeti.