Un paradosso, di Camilla Valletti
Nell’introduzione di questa piccola antologia, Folco Portinari (antologizzato lui pure) tenta, con tono lievemente profetico, di fare il punto sul rapporto fra sport e letteratura oggi. La conclusione, a suo avviso, è una sola: si tratta di un paradosso. “Cosa dice il paradosso? Che non può esistere una letteratura sportiva contemporanea per la banalissima ragione che non esiste più lo sport, inteso come gioco gratuito”. Eppure, pur in questa breve lista, troviamo autori contemporanei quali: Benni, Buffoni, Bárberi Squarotti, Cucchi, Nove, Olivero, Bernini e altri. Dunque come spiegare, nonostante la sparizione dello sport inteso come attività alta, olimpica, dove l’essere umano si esprime al massimo della comunione tra anima e cervello, il persistente interesse da parte degli scrittori, e dei poeti, per un’attività tanto screditata? Portinari non riesce a spiegarcelo e finisce per perdersi in strane fantasticherie ove una forma impotentia couendi avrebbe colpito il fruitore sportivo, ridotto a semplice sguardo libidinoso. A parte l’introduzione e la scelta, discutibile, di riunire brani di prosa, di poesia e di giornalismo, è bello poter rileggere l’ammirazione di Umberto Saba per i giovani calciatori e le domeniche sportive di Vittorio Sereni, quadri di un’Italia ancora da costruire. Ed è commovente trovarsi un classico di Gianni Brera su Coppi campione: “Coppi in azione non è più un uomo, del quale trascende sempre i limiti comuni. Coppi inarcato sul manubrio è un congegno superiore, una macchina di carne e ossa che stentiamo a riconoscerci simile. Allora persino i suoi capelli che il vento relativo scompiglia, paiono esservi per un fine preciso: indicare la folle incontenibile vibrazione del moto”. Una pura visione futurista.