La vita stanca

01-07-2013

Il naufragare creativo dentro il male di vivere, di Tiberio Crivellaro

“Si Deus est, unde malum? Et si non est, unde bonum? Si domanda Boezio nel “De consolatione philosophiae”. Se Dio esiste, perché il male? E se non esiste donde viene il bene? Il “male” esiste e insiste. L’avvertiamo; ci impone la sua presenza con la sofferenza, la disarmonia nella babilonia del vivere.
Vincenzo Guarracino, curatore della principale sezione dell’ampia antologia (pp. 320) che riguarda il disanimo, da Dante ai nostri giorni, afferma che qualcosa avviene, prevalentemente a triplice livello: quello metafisico come privazione e mancanza; fisico come scompenso e scompiglio propri della natura umana; e quello psichico con la “rottura” del sentimento, con la “perdita”, che risucchia e annienta azione e reazione.
Occorre accettare e combattere questa “malattia” senza rassegnazione attraverso forme artistiche, come nella poesia ad esempio. “Male” e “malattia”sono sempre tra virgolette, in quanto, giustamente Guarracino sembra ben lontano dalla clinica psichiatrica, dal psicologismo e dalla medicina istituzionale. Sono molteplici i volti della depressione: malinconia, umor nero, ipocondria, nausea, misantropia… Da Dante a Cavalcanti, al Petrarca, Ariosto, Tasso, Parini, Alfieri, Foscolo, Leopardi, Carducci, fino ai più recenti Saba, Campana, Sbarbaro, Ungaretti, Quasimodo, Antonia Pozzi, Pavese, Montale, Bartolo Cattafi, Amelia Rosselli, Sanesi.
Tra i viventi, Rino Mele, Maria Carifi.  Autori ribelli, distributivi o autodistruttivi. Ma anche dolcemente pensosi o nostalgici, “nell’essere”.
Freud, parlava di lutto mai attraversato (ved. “Lutto e malinconia”). Il lavoro poetico diventa necessario “per isfogo e diagnosi” (Leopardi). Un modo per esorcizzare il disagio. Una possibile via di salvezza? Merita, poi, segnalare il capitoletto di Paola Zizzi (non citata tra i curatori) con canzoni moderne in inglese (traduzione a fronte) sul tema.
La bellezza di questi testi è quasi inesplicabile… La Zizzi, conclude con la considerazione che, forse, “la depressione sia più relativa a eventi che non sono ancora accaduti”.
Penultima sezione “Pittori tra depressione e follia” (cura di Massimo Pregnolato), evidenzia più psicosi e follia nei Buonarroti, Goya, Van Gogh, Munch, Savinio, Ligabue; quella delle artiste Camille Claudet, Tamara de Lempicka, Niki de Saint Phalle. Infine, il capitolo i “Numeri che leggono il male oscuro dell’anima” (a cura di Massimo Chocci e Lucio Tonello). Chimici, fisici, matematici, inventori e Premi Nobel; Newton, Eistein, Vom, Jordan, De Broglie… La mia perplessità è che, per tre curatori, occorre chiedere aiuto alla biologia molecolare, ma anche alla quantistica, alla matematica superiore, psichiatrica, psicologia, antropologia, biomedicina, per non far naufragare, (sembra) l’unico metodo per  “curare codesto male”. E Freud? Ma sì, mettiamolo nella “Nave dei folli”.