Lara Savoia, I miei giochi scomposti

04-04-2011

Così l’amore nasce e muore seguendo le quattro stagioni, di Maria Grazia Rongo

Le stagioni dell’amore si rincorrono e si sfiorano, si intrecciano generando versi che seguono l’altalena delle emozioni. Parla tutte le esperienze dell’amore l’antologia I miei giochi scomposti di Lara Savoia, pubblicata dalla casa editrice salentina Piero Manni, nella collana “Occasioni” (a cura di Anna Grazia D’Oria), con la prefazione di Hervé A. Cavallera.
Nata a Scorrano nel 1974, Lara Savoia, dopo aver trascorso un periodo a L’Aquila per gli studi di Medicina e Chirurgia e aver vissuto la drammatica esperienza del terremoto che colpì la città il 6 aprile di due anni fa, ora vive a Salve, nel suo Salento.
Questa è la sua seconda raccolta di poesie dopo Flauto e serpente, edita da Kimerik nel 2007. Versi maturi, che hanno del succedersi delle stagioni e del sentimento amoroso, il tragico e insieme il gioioso mutare, la creazione e il disfacimento, la luce e l’ombra, la carne e l’anima, il principio e la fine.
Versi liberi, come libero è il fluire ininterrotto delle parole che si fanno strada nella ricerca di un senso all’insensatezza della passione, all’irrazionale sconvolgimento che l’amore procura e quando non lo procura, lo teme, alla casuale coincidenza di un incontro che diventa il dopo di un prima insospettato.
«Milioni di anni, / vite, amori. / Miliardi di stelle, / terre, collisioni, respiri / occhi… / i tuoi, / ho incontrato i tuoi», scrive Lara Savoia in uno dei componimenti della sezione Autunno, e chi legge si ferma a ripensare ai propri «milioni di anni», la volta in cui tra miliardi di stelle terre collisioni respiri, incontrammo quegli occhi e tutto mutò.
La poesia che si fa esperienza è questo il merito dell’autrice, la capacità di dare forma poetica alle infinite sfaccettature dell’amore vissuto, la percettibile impronta della quotidianità tra sogno e realtà nel divenire dei giorni. «Tu sei l’A del Malessere. / Sei succo acerbo del vivere, / Distillato Calco sulla schiena. / Occupi ancora quei remoti spazi: / pupille che frugano / tra i bronchi grigi / della memoria», dice ancora l’autrice, perché l’amore è anche la sconfinata sensazione di impotenza a resistergli, il marchio a fuoco di un destino che gli uomini non possono sfuggire, né vincere, ma solo cedergli, per acquietare il bisogno ancestrale di infinito, l’impotenza che rende tutti invincibili.
È abile Savoia nel tratteggiare una declinazione di emozioni che non ha caratteristiche femminili, né maschili, ma è universale, ha in sé la nostalgia e l’illusione, la caparbia aspirazione alla felicità e la malcelata rassegnazione alla normalità.
Novantaquattro composizioni per le quattro sezioni della raccolta (Autunno, Inverno, Primavera, Estate) che si intersecano, si alimentano e si sconfessano l’un l’altra, per affermare che il gioco dell’amore, che poi in fondo è quello della vita, non ha regole, tranne quella di non averne appunto, che è un gioco «scomposto» che ha come fine ultimo quello di ricomporre, di riunire nell’anima del poeta il mistero dell’amore, per dirlo, viverlo, esserlo.