Le parole come note, di Tommaso Ciardo
“Innanzitutto una poesia (ogni opera poetica) deve avere una moltitudine di significati. In India (ai tempi di Kalidisa) se ne contavano nove. Possono essere anche di più, e gli ultimi sono ormai al di fuori della lingua, intraducibili e ignoti al poeta stesso, ma se i primi due o tre sono sicuri e profondi, non saranno tali gli ultimi. L' autore non è nemmeno obbligato a intuirli, ma per il lettore essi, come i veli di Salomè, cadono uno dopo l' altro, comunque gli ultimi restano tormentosamente irraggiungibili.” (Elena Schwartz, La poetica di ciò che è vivo).
I versi dicono, i versi scavano la carne e quale meraviglia può dare una condanna? Eppure, le parole s’incuneano, si amalgamano per ritrovarsi su di un semplice foglio bianco come piccoli corpi muti che preludono melodia, musica, pause, ritmo; ed è questo che ho ritrovato nelle note di Lara Savoia, una forte musicalità ontologica dove le metafore, sempre più pregnanti e incalzanti, mi parlano di un amore, di un incontro segnato dal tempo che si stende su per gli intervalli e si ferma: “Milioni di anni, / vite, amori. / Miliardi di stelle, / terre, collisioni, respiri / occhi… / i tuoi, ho incontrato i tuoi” (Milioni di anni); di cosa sia quel mistero che ancora oggi fa scrivere i poeti: “E così un altro tramonto / disteso come un fascio d’ali / sulla notte. / Amore è gelo d’assenza… / di fili d’erba / su cornicioni abbandonati / singhiozzo del tempo / fiato e corpo / …/ ”(Canzone). Versi semplici che dicono tutto quello che c’è in questa poetessa, ed ancora: “ Ti ho amato con il sole, / prima del vento, / del passo lento delle nuvole. / Ti ho amato come verso / pieno e perfetto / lacrima di stelle su boschi neonati, / disordine delle notti. Ti ho amato nell’empireo / delle vetuste spade, / nella polvere e nell’acqua. / Ti ho amato / il giorno in cui Dio / ha deciso di essere figlio ” (Ti ho amato). L’amore cresce, come maturano le aspettative, i sogni e la loro possibile realizzazione, ma qualcosa finisce, forse il dio che prima aveva rapito i nostri giorni, le nostre ore, lascia posto ad una improvvisa e lancinante solitudine: “ La fine, vita ./ La maledizione della fine è vita . / E medito il buio larvale. / Nessuno, nessuno, / solo Dio. / L’unico ad avere pietà. / Miseria, frustrazione, odio./ E’ abbandono. /… / (La fine, vita). L’amore che fa dei tuoi sogni, ricordi, l’amore che non si accetta di perdere e di lasciare come dice Lara Savoia, ma che poi diviene l’unica soluzione possibile: “ Ti lascio andar via_/ nello spazio e nel tempo / al di là di astri e silenzi, / oltre il vuoto e le sue ragioni. / Sarai bagnato dagli eventi, / confuso tra le parole degli dei, echi, / cosparso di luci e stelle. / Rotolerai tra comete, sogni, finta rabbia e illusioni / …/ (Ti lascio andar via).
“La poesia è come uno strumento, un mezzo con l' aiuto del quale si ottiene la conoscenza che non può essere trovata in altro modo (là dove la logica e la filosofia sono impotenti). Essa si immerge nei cieli o dove si vuole: sotto la corteccia di un albero, sotto la pelle e, sottomettendosi non più alla volontà del suo creatore, ma alla propria logica o musica interna, penetrando arbitrariamente l' oggetto di studio, raggiunge l' immagine.”
Ed è con gli occhi che scrive Lara Savoia; il caleidoscopio d’immagini di questo secondo volume di poesie edito da Manni Editori ci trasporta dal malinconico autunno all’amplesso dell’estate per finire in primavera “/ … / Lontano la secchia sbiadita / abbraccia la sua ruggine… / la sua carrucola. / La catena è breve / ho sete di mondo / … / (In mente). E nel buio inverno “ / …/ Avevi il sapore delle nespole acerbe, / di una passeggiata rubata, / colto quel frutto incosciente / ho creato un passaggio / tra spine e more / per l’ultimo passo (Arrivo d’estate), dove il dolore diviene acuto. Il libro è composto da quattro sezioni di 27, 20, 27, 20 componimenti e ad ogni sezione corrisponde una stagione dell’amore: autunno, primavera, estate, inverno; come in un gioco scomposto le stagioni s’incastrano secondo un ordine stabilito dall’autrice ed è così che nasce “I miei giochi scomposti”( pp 121, € 12, prefazione di Hervé A. Cavallera) che Anna Grazia D’Oria propone nella collana Occasioni (Poeti emergenti).
Domanda: Il poeta che ami maggiormente?
R. Keats, amo molto Keats.
Domanda: Com’è nata l’idea delle stagioni?
R. Ascoltando Vivaldi, una sera in macchina. Ho pensato di suddividere le mie sezioni in stagioni.
D. Sulla sua biografia emergono molti interessi lontani dalla letteratura: studi di fisica, matematica etc. Come concilia questo?
R. Leggo tantissimo e come già ho detto in una precedente intervista “solo i piccoli non vogliono somigliare ai grandi”.
Domanda: Quale tecnica usa per i suoi versi?
R. Scrivo e riscrivo una poesia decine di volte, di ognuna poi ho infinite varianti prima di arrivare alla forma definitiva. Ho studiato e tutt’ora studio la metrica e le poesie dei grandi, ho ancora molte cose da imparare e nuovi linguaggi da sperimentare, non mi va di riscrivere le stesse cose.
Domanda : In quale dimensione è la parola pronunciata?
Risposta: E' un' onda sonora, quindi energia.
Domanda: Ogni libro è una confessione?
Risposta: Non mi riconosco dopo essermi confessata.