Lara Savoia, I miei giochi scomposti

12-08-2011

Un erotismo abbagliante nel suo perfetto nitore, di Francesco Greco

Versi rubati alle macerie. 6 aprile 2009, 3 di notte: L’Aquila trema e Lara Savoia, pugliese 6° anno di Medicina, si precipita in strada trascinandosi dietro una madre col bambino terrorizzati. Due sue amiche non ce la fanno: restano sotto le macerie. Morte, disperazione, invocazioni d’aiuto, cellulari che trillano nella notte buia, sciacalli in agguato. Dorme all’addiaccio con la gente. Il giorno dopo torna, striscia nell’ inferno dantesco e fra calcinacci, peluche, ninnoli di una quotidianità orrendamente lacerata, recuperare a l’Acer miracolosamente intatto, il librone di Anatomia Patologica e i moleskine gravidi dei versi degli ultimi anni. Li ripulisce dalla polvere, li stampa e li manda da un editore, che stranamente risponde subito.
E’ il curioso background de “I miei giochi scomposti” (Manni, pp.116, 12) opera seconda di Lara Savoia, dopo l’intrigante “Flauto e Serpente” (2007, Edizioni Kimerik, Messina), liriche acerbe, di formazione, identitaria e sentimentale. E ora questa raccolta di 94 poesie divise in 4 sezioni , “come le stagioni di Vivaldi, ma amo anche Mozart e Beethoven”, sorride la poetessa, ognuna con un titolo: Autunno (“La secca”), Inverno (“Il sigaro della luna”), Primavera (“Torna la luna”), Estate (“Un cerchio”).
E proprio questa sezione è la più densa di illuminazioni e urla, che va in cerca di un eros riscritto nelle radici, sottratto ai luridi feticismi e le patologie della modernità per riempirlo di un abbagliante nitore. Spiega così l’imput creativo: “Cerco qualcosa di mio, un timbro proprio mio. Non è facile, ma forse l’ho sfiorato in queste poesie erotiche. Scrivere per me è come mangiare, bere, far l’amore”. Scrivo con gli occhi più che con le viscere e la mente. E le parole debbono amalgamarsi, essere un tutt’uno e finché non accade le compongo e le scompongo come i puzzle di Escher. Non mi paragono ai grandi, ma solo i piccoli non vogliono somigliar a loro”.
Se è vero che sulle spalle dei giganti vedi lontano, la Savoia è aggrappata alle candide ali dell’albatros di Baudelaire, intrigata dall’anima barocca di Pessoa, il pathos della Merini, l’inquietudine di Pound, la solarità di Neruda e Pedro Salinas, e sedotta dalla musicalità di John Keats: “Ode su un’urna greca” mi fa piangere. Cerco quella musicalità, unità alla semplicità, un punto d’arrivo. L’ermetismo? Troppo facile. Ma la ricerca più dura è quella che si fa dentro se stessi…”. Come dobbiamo leggere queste originalissime poesie erotiche? “L’amore scompone, disfa, sconvolge” – aggiunge la poetessa che da poco è stata antologizzata nella raccolta “Poetesse d’amore e d’armi” Edizioni Libere , - “il far saltare l’ordine è la sua caratteristica essenziale, perché l’ordine preesistente è razionale, che deve essere sostituito da quello emozionale, poiché non può essere trattenuto dalla freddezza astratta del calcolo razionale. L’anima si lascia andare e sogna e vive altre sensazioni”.
Franz Kafka diceva: “Ogni vero poeta dovrebbe arrossire per ogni suo verso” “Chissà - riflette pensierosa – come reagirà il mio piccolo paese del Sud a queste poesie erotiche?”. Eccone un saggio: Non sei idea/ ma sete e sudore, / follia che modula il fuoco, / orgasmo che spoglia. / Sei laccio rovente, / l’infinito macchiato” (Non se idea). Intanto, patita di astronomia, ci parla come Omero e il conte Giacomo, e la posizione delle stelle. E se le risposte alle inquietudini degli amanti venissero da una lontana e remota galassia ancora senza nome?