Un’epoca lontana ma non troppo, di Daniel Degli Esposti
Settant’anni di Resistenza: una vita intera. Un sentiero di lotte, una strada di orgoglio. Un profondo forziere di emozioni e di sentimenti. Un complesso agglomerato di ricordi, un insieme di strati, un coacervo di riflessioni. Lidia Menapace ha concesso all’Editore Manni uno splendido spaccato della sua gioventù partigiana: le sue memorie aggiungono tasselli preziosi al mosaico policromo delle fonti resistenziali; i dettagli che riempiono le sue parole attraverso il filtro dei suoi sensi e del suo vissuto regalano al lettore il sapore aspro e glorioso di un’epoca sempre più lontana nel tempo, ma sempre più presente nello spirito del nuovo millennio. Fra le pagine della celebre autrice, l’antifascismo mazziniano della famiglia paterna e le radici anarchiche del casato materno riecheggiano i tumulti critici che hanno scosso le generazioni contrarie al culto del littorio. L’opposizione muta dei professori liceali e l’ironia degli universitari si affiancano al conformismo di facciata che ha impregnato per un lungo ventennio il vistoso e flebile consenso delle masse rurali.
Le riflessioni di Lidia Menapace denunciano il fallimento del più ambizioso progetto di Mussolini: la costruzione della “nazione guerriera” si scioglie nei riti ampollosi delle liturgie collettive e non risolve le contraddizioni dei Patti Lateranensi. Fra i banchi del suo liceo novarese, Lidia incontra la guerra ma non perde la fede: quando entra in contatto con la Federazione degli Universitari Cattolici, capisce che il senso della sua vita passa attraverso il rifiuto del littorio e coltiva il sogno di un mondo nuovo. Dimentica i dubbi, sconfigge la paura: aiuta i disertori, soccorre gli sbandati, collega i nuclei partigiani. Proietta nell’immagine di ogni combattente per la libertà lo sguardo fiero di suo padre: ha più di quarant’anni, ma è stato internato in un campo di lavoro poiché ha rifiutato di servire la Repubblica di Salò. La giovane Lidia diventa staffetta e costruisce il futuro della sua terra sulle salde fondamenta della fatica democratica: tutta la sua esistenza letteraria e la sua paradigmatica esperienza politica si specchiano negli slanci ideali e nelle feconde contraddizioni della sinistra cattolica e del fronte antifascista. Le memorie della guerra più dolorosa del Novecento si innervano in un buio sinistro: le notti di paura, i mitragliamenti alleati, le rappresaglie naziste e le spie nere del nuovo littorio compongono un affresco individuale che respira un’atmosfera universale. Io partigiana inquadra gli accenti letterari dell’autrice con puntuali schede di approfondimento storico, che aiutano i lettori non specialisti nella ricostruzione dell’ambiente resistenziale e del contesto sociale novarese.
Quest’opera viva e brillante affianca alla cultura della memoria individuale il desiderio di illuminare alcuni aspetti oscuri del Novecento italiano: le lettere dei condannati a morte dai tribunali fascisti, l’oscuro destino degli internati militari e la loro voglia di resistere al potere fascista riempiono appendici che soddisfano la curiosità intellettuale dei lettori più accorti e rendono giustizia a una lettura della Resistenza che si avvicina in maniera significativa alle nuove sensibilità della società contemporanea. Testimonianza e critica, voce e riflessione, memoria e storia: l’agile racconto autobiografico di Lidia Menapace introduce gli italiani al settantesimo anniversario della Liberazione e affianca alla tradizionale epopea partigiana una dimensione umana e un’interessante prospettiva di genere. Una donna resistente, una staffetta sensibile, una studiosa brillante, una senatrice coraggiosa: nelle pagine di Io partigiana traspare tutto lo spirito della sua autrice. Un libro da leggere e da assimilare.