Luca Canali, Amore e morte

10-05-2010

Luxus e Luxuria nella Roma imperiale, di Luca Pantarotto

Fratelli, a un tempo stesso, Amore e Morte / Ingenerò la sorte”, affermava, nell’omonimo canto, un Giacomo Leopardi deluso dall’amore non corrisposto per la bella fiorentina Fanny Targioni Tozzetti. Binomio, del resto, di antiche e illustri origini; fino anzi a potersi dire che in esso si esaurisca gran parte della letteratura mondiale. A esaminarne una parte significativa è dedicato il libro di Luca Canali Amore e morte nella letteratura latina (Manni, 2009).

Non uno studio erudito, come già è dato trovarne molti (persino troppi) nella letteratura critica; bensì la scelta, da parte di uno dei più celebri latinisti italiani, di ridare voce agli antichi amanti, lasciando a loro stessi il compito di mostrarci cosa significasse amare ed essere o meno riamati nell’antica Roma. A partire da quel difficile momento di passaggio tra la repubblica e l’Impero, con i primi versi di Catullo che amava e odiava la sua (e di molti altri…) Lesbia, fino all’anonimo Pervigilium Veneris, bellissimo poemetto di II o III sec. d. C., dedicato alla primavera e all’amore. Un’antologia tematica di buona completezza, che riporta le voci dei classici Virgilio e Orazio, degli elegiaci Tibullo, Properzio e Ovidio, del filosofo Seneca (che non ci si aspetterebbe di ritrovare in un testo sull’amore), Petronio e Apuleio…
Nomi celebri, studiati, e amati o odiati (come la Lesbia di Catullo) a scuola; ma, appunto, solo nomi. Se è vero il capovolgimento che Jacques Bonnet, nel suo recente I fantasmi delle biblioteche, fa tra personaggi reali e personaggi fittizi, affermando che i secondi sarebbero gli autori mentre i primi le loro creazioni (di cui conosciamo sempre di più rispetto ai loro creatori), certo possiamo ritrovarne qui un’applicazione quanto mai sicura. A fronte dei pochi dati biografici di cui disponiamo su Virgilio, infatti, abbiamo la storia articolatissima di Enea e Didone, che della nostra concezione moderna dell’amore infelice costituisce l’indiscutibile paradigma leggendario. E molto meglio conosciamo i sentimenti del Catullo persona, che scaglia le proprie ferocissime invettive contro quella Lesbia che odia visceralmente e senza la quale non può vivere, che non la reale esistenza del Catullo auctor, la cui biografia si esaurisce per noi in poche righe. Fino a Properzio, che quasi canonizza i temi portanti del genere: la schiavitù dell’amore, la sua follia, il furore e l’estasi, organizzando intorno ad essi la sua storia poetica con Cinzia.
Voci di amanti, insomma, che ormai sono leggenda, e che risuonano di lamenti e perversioni, di passioni e purezza: incendi brucianti che né il tempo, né l’odio, né la morte possono spegnere. Già, la morte; poiché la signora con la falce sembra essere il traguardo finale e inevitabile di molte di queste passioni totalizzanti, che annullano il pensiero riducendolo a contemplazione, la parola a canto e l’esistenza a sacrificio. Testimonianza per eccellenza, Didone, che, abbandonata da Enea, concluse la sua vita tra le fiamme di una pira sacrificale. Senza contare che, a volte, storia e letteratura si confondono, fino a configurare per il poeta razionalista Lucrezio, che proprio di un filtro d’amore (secondo una non verificabile leggenda) sarebbe morto, ormai folle.
Indispensabile voce fuori campo, Luca Canali, nel saggio introduttivo, inquadra le vicende del binomio più diffuso del mondo nel panorama storico-politico romano, a far data dalle idi di marzo del 44 a.C.: giorno spartiacque per la storia romana, che segna, con l’assassinio di Cesare, l’inizio di un’epoca turbolenta di contrasti interni (che termineranno con la vittoria di Augusto e l’inizio dell’Impero), non solo politici. All’evolversi degli eventi politici fa infatti immediato riscontro il mutare dei valori morali: della concezione della donna, della sensualità e della sessualità (etero e omo). Gli antichi costumi si sgretolano di fronte al lusso e alla lussuria. L’amore e la morte diventano le coordinate entro cui una società esprime se stessa, ci racconta ciò che è stata e ciò che è diventata; ci seduce con la sua voce immutata, ci conduce per mano in un viaggio che profuma di aromi esotici e di sangue, di triclini, di acciaio e di fuoco.
Un inevitabile, ed irresistibile, cupio dissolvi, tra le braccia dei due leopardiani fratelli.