Luca Canali, Archivio rosso

01-11-2007

Inquietudini e passioni degli anni Cinquanta, di Valentino Parlato

Archivio rosso di Luca Canali, appena sessantadue pagine, ma straordinarie. Dopo aver letto torni a leggere come erano veramente andate le cose. Cose di più di cinquanta fa: Gli anni dell’utopia recita il sottotitolo. Gli anni nei quali eravamo giovani comunisti, iscritti al Pci e convinti di poter cambiare il mondo. E poi la scrittura nervosa di agitazione e non di propaganda di Luca Canali e la struggente prefazione di Luciana Castellina. Il tutto – ripeto – in sole sessantadue pagine da leggere e rileggere e ricordare.
Ricordo anche io, benché solo da spettatore partecipe l’assalto franchista in via delle Botteghe Oscure. «Ci sembrò allora – scrive Luca, con il suo stile nervoso e suggestivo – che tutti i morti rossi, i poeti, i cronisti i fotoreporter, i cavalieri erranti di tutto il mondo falciati in Spagna dagli Stukas, dalla Disperata, dal Tercio, dai sahariani dei generali di Galizia benedetti da vescovi cristiani, fossero vendicati. Restava solo da intonare Los quatros generales». E ricordo ancora che Luca Canali, giovanissimo dirigente del Pci, ci insegnò a staccare i trolley dei tram nei punti strategici per bloccare il traffico e ritardare l’arrivo della Celere. Certo in me e anche nella prefazione di Luciana c’è nostalgia, ma nostalgia giustificata dalla ricchezza della nostra vita politica di allora, quando – come scrive Luca – «gli uomini che allora venivano in Sezione e nelle cellule non avevano ancora imparato a mirare alto». Quando un segretario di Federazione valeva più dei deputati eletti nella sua area. E non eravamo – come adesso si dice – militanti, «che avevano messo il cervello all’ammasso».
Nei nostri animi c’erano inquietudini, curiosità, passioni e anche autoironia e di tutto ciò partecipavano anche i dirigenti che Luca ricorda, Edoardo D’Onofrio, Aldo Natoli, Otello Nannuzzi, Giorgio Amendola e altri ancora. E poi la morte di Stalin, il discorso di Krusciov, l’Ungheria e il nostro Luca definito da D’Onofrio «un moralista piccolo borghese».
Una decina d’anni dopo anche noi del “manifesto” subimmo una analoga sorte. Ma anche questi esiti tristi non cancellano il valore di quegli anni. Senza dei quali non ci sarebbe stato il ’68 italiano e, soprattutto, l’Italia non sarebbe diventata un paese moderno.
Tutto questo purtroppo – come conclude la prefazione di Luciana – «per sottolineare la differenza con oggi, quando non c’è più storia e nemmeno memoria e dar forza a chi tenta di riproporre un’altra ipotesi di mondo». Luciana, anche se pessimista, ha un po’ di ragione e tuttavia io penso che questo Archivio rosso piacerà ai giovani che proveranno a leggerlo.
In ogni modo da parte mia un forte grazie a Luca Canali, a Luciana Castellina e alla benemerita casa editrice Manni di San Cesario di Lecce.