Emozioni per procura, di Adriana Chiaromonte
“Una fiaba è allusiva, i suoi messaggi possono implicare soluzioni, ma essa non le presenta mai in modo esplicito” dice Bettelheim. Questi 39 racconti di Luciana Amisano sono fiabe, fiabe psicanalitiche, come tali non hanno fine, tutto è lasciato in sospeso, come la psicologia dei personaggi.
Perché Follia ed Eroi? Follia sono le pressioni istintuali dell’Es, Eroi sono coloro che riescono a integrare le tendenze discordanti insite nel nostro essere, a incorporarle nella propria personalità sì da raggiungere la piena indipendenza e umanità.
I Folli non sono visti con amore ma vengono descritti con freddezza professionale; quando il protagonista è uno psichiatra o uno psicoterapeuta, il lavoro non appare quale cura degli altri ma assume la funzione di alleggerimento del proprio male. La voce interiore rivela a Mario l’incapacità di vivere una vita propria, quindi di vivere “emozioni per procura”. Dato di base appare un trauma infantile che ha provocato una “affezione della vita”. L’amore di una donna riesce, con la propria pazzia, a far sì che Gregory riesca a superare le carenze affettive dell’infanzia. Un caso indefinito vede lo psichiatra Dick succube di una madre sessualmente ingorda, madre-strega; la professione non libera però questa dipendenza dalla madre. L’ironia domina in Flamenco, lo psicoterapeuta incapace di amare che prova una folle gelosia verso il paziente che cataloga i propri amori con nomi di danze; flamenco è l’amore totalizzante, addirittura con la psicoterapeuta della porta accanto, che però rifiuta il nostro, il quale decide di uccidere la propria amante quale testimone d’una assoluta incapacità di amare.
Il sesso è presente soprattutto come Es, la parte arcaica della nostra personalità, e possibile fonte dell’arte. Questi racconti possono essere letti anche dai non addetti ai lavori, sfuggiranno loro alcuni riferimenti, non potranno sfuggire i turbamenti nel passaggio all’età adolescenziale: Farfalle gialle; lo sdoppiamento della personalità: Un minuto espanso, La signora e l’anima; la madre cattiva: Il sacrificio. La madre è, in queste fiabe, quasi sempre cattiva, sia che abbia superato la fase edipica, sia che non l’abbia superata. Accade spesso anche nella realtà. Con buona pace di tutta la retorica sulla maternità.
È bene abbandonarsi, nella lettura a tutte le storie, accettare l’opera letteraria nella sua interezza; che importa se l’aquila che batte nel petto di Giovenale è simbolo del Super-io o cela qualche altro significato? E l’incontro tra la razionalità di una ricercatrice e la creatività del falegname si riferisce all’inconscio fonte dell’arte? E l’orso, animale sapiente, è simbolo di personalità integrata? E Giovannino altro non è che il processo dinamico dell’io? lasciamo il tutto aperto alle più varie interpretazioni. Il piacere della lettura rimanga puro piacere. Perché la fiaba del nostro tempo rifiuta la chiusura fattuale, ha cancellato i limiti, è apertura massima a quell’universo, anche interiore, che può sembrare infinito.
Nei racconti domina la sobria eleganza della paratassi, anche se l’autrice non si sottrae alla civetteria di parole gergali, come spitinfio, usato nel milanese e forse in altre aree del Settentrione, inutile cercarlo nel vocabolario. Sbatuffolava i cuori, è una locuzione regionale toscana. Così impescioliti, sbioccolarmi, stintinicchio e altri; neologismi o arcaismi che impreziosiscono lo scritto.
La morte, che appare solo nei casi di follia, chiude il libro con una polemica: chi è il doctor che vede la morte come “fine dei problemi, e solo risate e stare a guardare”? L’autrice non accetta tale ipotesi, con lei molti altri, “mio caro doctor”.