I critici? Pecore dogmatiche, di Giorgio De Rienzo
Giovanna Bonardi, figlia di Luigi Malerba, raccoglie da un vasto materiale le interviste più significative che il padre rilasciò a partire dagli anni Settanta fino al 2007. Si tratta - avverte - di «testi autentici», perché Malerba pretendeva domande a cui dare risposte scritte. Parole al vento è dunque l’ultimo libro a cui lo scrittore lavorò intensamente (con la figlia) prima di morire. Si parla dell’idea della letteratura, del mestiere dello scrittore, di critica, editoria e premi, ma soprattutto di difesa dell’ambiente e naturalmente dei singoli romanzi via via pubblicati nel tempo.
Ci sono cose molto serie, come le battaglie contro l’inquinamento acustico, le discariche, l’uso dei pesticidi, di cui Malerba si era occupato sin dagli anni Settanta. Ma si leggono battute stravaganti (spesso sarcasticamente polemiche) sulla scrittura e il mondo che la circonda. La delusione (a posteriori) sul Gruppo 63, senza tuttavia rinnegare la spinta innovativa che quella stagione determinò. La morte del romanzo, se non proprio come genere di consumo: «Il romanzo nel senso proprio della parola è finito con il declino progressivo della borghesia. Da allora si sono verificati vari episodi di epigonismo, anche di qualità come Il Gattopardo, ma letterariamente in ritardo sui tempi».
Il nascere d’ogni suo libro – spiega Malerba – viene «da una indignazione e da un grave disagio». Ma la sensazione prevalente che si ha nel leggere questo volume è che lo scrittore scarti l’ipotesi di affrontare i veri problemi della letteratura nel tempo che ha vissuto e che privilegi invece la battuta secca, la riflessione ironica. I critici? Ci sono due grandi categorie: quella dei «caproni dialettici» e quella delle «pecore dogmatiche». I primi sono di «temperamento sanguigno e esercitano il loro magistero con appassionata e tenace professionalità, di ogni libro cercano le motivazioni, analizzano la scrittura e la struttura, cercano insomma di capire come è fatto e quanto vale». I secondi «sono in genere di costituzione linfatica e di temperamento svagato» «Le pecore dogmatiche abbondano e sono le predilette dai direttori dei giornali, dagli uffici stampa e dagli autori di consumo. I caproni dialettici invece sono in via di estinzione e andrebbero segnalati al Wwf per la protezione delle specie rare come la foca monaca e il falco reale».
L’editoria? «un editorie molto bravo, in qualche caso, può riuscire a fabbricare anche un bestseller, come è successo per La storia della Morante, che era certamente il suo libro peggiore. È evidente che non tutti i libri possono diventare dei bestseller, ma pochi di quelli che potrebbero diventarlo, lo diventano realmente» e molto spesso «per mancanza di volontà dell’editore». L’importanza della raccolta postuma delle interviste sta soprattutto in questi spunti polemici, spesso rudi, di Malerba che culminano nei giudizi secchi sui premi in generale (a cui lui preferisce il «Gratta e vinci») e sullo Strega in particolare: «Io credo che lo Strega sia il peggiore fra tutti i premi italiani, immagine perfetta del sottobosco romano che sopravvive a tutte le formazioni politiche. E se è prevedibile il vincitore s chi importa? Non è interessante sapere chi vincerà se dopo due giorni tutti hanno dimenticato che ha vinto». Memorabile diventa allora qualche botta e risposta mozza fiato. Quali sono gli scrittori sopravvalutati? «Pavese e Pasolini, a eccezione dei film». Quale la citazione prediletta? «Molière: “Se i furfanti sapessero quanto conviene essere onesti, sarebbero onesti per furfanteria”». Un personaggio in cui identificarsi? «Un Don Chisciotte allo sbaraglio abbandonato da Sancho Panza». Uno scrittore detestato? «Henry James, perché considera i lettori degli idioti ai quali bisogna spiegare tutto».