Racconti, lettere, poesie documenti, citazioni e diario, attraverso il filo conduttore della scrittura dell'identità femminile, di Romano Lupi
La varietà degli argomenti trattati, attraverso il denominatore comune del tempo e della scrittura dell’identità femminile, sono le caratteristiche di Ci vorrà del tempo, fatica letteraria di Manuela Ormea.
Il libro, stampato dalla casa Editrice Manni di Lecce, presenta una diversificazione nella stesura del testo. Oltre alla narrazione classica, presente in alcuni passi, la struttura del testo è costituita da racconti, lettere, poesie, documenti, citazioni e pagine di diario che, intervallandosi tra loro, forniscono al lettore la possibilità di affrontare questioni diverse attraverso angolature differenti. Il tutto nell’ambito di tre capitoli in cui si intersecano le storie personali dei protagonisti.
Nella prima parte del libro,un gruppo di amiche si ritrova in una casa immersa in un bosco di betulle nei pressi di Torino. All’inizio del capitolo, fa la sua comparsa anche Mauro, un professore di filosofia compagno di vita di una di loro. L’incontro si consuma nella tranquillità e nel silenzio.
Come precisa la stessa Ormea: “L’amicizia non ha bisogno di molte parole. Il rito consiste nell’aprire la porta di casa ed offrire un pasto caldo e speziato”. Svariati i temi affrontati nel corso delle discussioni che si susseguono durante il soggiorno piemontese. Parecchi degli argomenti affrontati riflettono una vena autobiografica presente nel vissuto dell’autore, come ad esempio la situazione in cui versa la scuola italiana (Manuela Ormea è insegnante di Lettere) o la condizione femminile (è anche promotrice della cultura femminile nel Centro Iniziativa Donne di Sanremo).
Nel secondo capitolo, intitolato Frane, le amiche si ritrovano nella stessa vallata torinese, ma questa volta una di loro non c’è più. Monica se n’è andata e questa parte del libro inizia proprio con una considerazione che interseca l’idea di morte e quella di amicizia: “La nostra amica è sola. Là dove riposa è sola ormai. Ma la sua voce parlerà ancora. Noi la faremo parlare e parlerà. Non molto, non così tanto come prima. L’amicizia –dice la gente– ha in comune con l’odiata morte proprio questa somiglianza: di aver bisogno di poche parole”.
Dopo un breve ricordo dell’amica scomparsa, vengono pubblicate le lettere che Monica, nel periodo della malattia, ha scritto a Claudia, Cristiana, Maria e Raffaella. Un piccolo excursus in cui viene affrontata la questione della sua malattia attraverso il progressivo peggioramento della stessa. Nel terzo, e ultimo capitolo intitolato Il viaggio di Lorenzo, Serena, la figlia portatrice di handicap di Cristiana, ritrova un quaderno scritto da Monica. In questa sorta di diario sono stati raccolti i pensieri e le riflessioni sul viaggio in India che Lorenzo, il figlio di Monica, ha intrapreso con l’Assefa di Sanremo poco prima che la madre morisse. Cristiana affianca gli scritti di questo quaderno con il resoconto che il figlio dell’amica ha redatto nel corso del soggiorno in India. E ne esce un confronto a distanza in cui vengono affrontate tematiche di estrema attualità come l’ambiente, lo sviluppo dell’economia mondiale, lo sfruttamento che l’occidente esercita sul sud e sull’est del mondo, il consumismo sfrenato della nostra società e tante altre questioni che lasciano trasparire l’impegno politico sostenuto negli anni da Manuela Ormea.
Tutte considerazioni che vanno a legarsi con il tema della maternità. Anche in questo caso emerge una certa componente autobiografica da parte dell’autore che, non per niente, ha dedicato il libro a suo figlio Alessio.