Marcello Buttazzo, Serenangelo

16-12-2010

Il sogno ricorrente, di Claudia Presicce

Finché ci saranno “corpi fioriti di mare”, “elfi gitani” che la sera “elettrizzano l’aria” o “stelle raminghe di piacere” e ci saranno occhi che vedono tutto questo e hanno voglia di scriverlo esisterà ancora la dimensione della poesia su questa terra. Lo sguardo è quello di Marcello Buttazzo che in Serenangelo raccoglie nuovi versi nati dalle visioni con cui traduce il suo mondo interiore sconfinato.
“Mangiami il cuore” scrive in una poesia (a pagina 75, perché le sue poesie non hanno titolo, né rime o altri inutili orpelli metrici frenanti) impastata di amore e di rabbia, “senza fiori straziati senza giorni delusi”. “Dammi da bere, adesso” dice, mentre cerca tra i ricordi, fruga raccogliendo preziose scintille di amore, anche piccole, da custodire.
Ma tutta la sua poesia è intrisa di una voglia di sublimare che sa di estremo, di sublimare il vissuto cercandolo ancora e ancora tra quello che è stato e non è più, nei ricordi o nei sogni (cambia qualcosa, visto che nella realtà entrambi non esistono più?).
Eccolo dunque aspettare con tenacia quel gesto d’amore potente che ti scompiglia l’esistenza e cancella apatia, deserti interiori: arriverà, lui ci crede e progetta, costruisce su quel giorno.
Buttazzo è un uomo proteso verso il femminile in una anelito che richiama quello dei classici, vigoroso e puro come un guerriero, eppure contemporaneo perché sincero, vero. Sono le donne il sogno ricorrente che crea un filo rosso tra tutte queste canzoni dell’anima. Figure che sanno di eterno e di angelo, ma perché fatte di carne e sangue, perché legate ad un piacere che solo tra quelle braccia esiste, quindi fisiche molto prima che eteree. Quindi c’è pure una sublimazione del femminile, ma mai scollegata dal suo aspetto terreno più concreto, dai baci e dalle carezze, dal desiderio e dalle mani, dalle forme procaci o accennate e dai sorrisi “di stelle accese”.
Buttazzo questa volta vola più alto del suo Salento, di cui c’è minore traccia rispetto ad altre sue raccolte; si lascia trasportare da un erotismo sottile, maschile, incantato, a tratti disperato e a tratti carico di speranza. Sempre comunque carico di poesia.