Marco Codebò, Appuntamento

05-06-2010
Appuntamento e Rapsodia in casa Manni, di Matteo Di Giulio             
 
Nella realtà della piccola editoria, Manni, gente che per passione butta fuori libri preziosi ogni anno, è ormai una certezza di cui tenere conto. L'ampio catalogo della casa editrice leccese, a dimostrazione che Meridione e cultura devono andare a braccetto, è tanto variegato da perdersi, ma con un unico denominatore importante: la ricerca della qualità, della sperimentazione, di autori fuori dagli schemi canonici. Tra i talenti lanciati, quello di Cosimo Argentina, poi palleggiato tra casa madre e Fandango, tanto per fare un nome. Ma è la complessità delle collane che stupisce, si passa da prosa e poesia, spesso intersecate con rigore critico, si rilanciano testi dimenticati del Novecento nostrano, si punta sul piacere di leggere per quegli esigenti che della scrittura apprezzano soprattutto le sfumature, gli orpelli.
Marco Codebò insegna letteratura italiana negli Stati Uniti. Così come il protagonista del suo romanzo Appuntamento, un docente che deve esaminare uno strano manoscritto. Giallo nel giallo, è un pre-testo fatto di parallelismi, dove un infarto si trasforma prima in intrigo assicurativo, poi in gioco letterario, quindi in enigma insolubile. L'esordio narrativo di Codebò è un originale anti-giallo metaletterario e autoreferenziale, che citando Georges Perec e se stesso, si incastra, si avviluppa, riparte di spinta, illumina i mali del genere italiano, macchiettizzandoli, ma va ben oltre. In questo tentativo di superamento di schemi ben noti si dimostra opera intellettuale. Ed è soprattutto un gioco, un enigma nell'enigma che prescinde dalla trama investigativa e sfida il lettore, come in un puzzle enigmistico, a dire la sua.
Osa ancora di più Claudio Morandini, già lodato per Le larve (Pendragon), che al terzo romanzo sfrutta lo scalpello della musica colta del Novecento per una storia nelle epoche storiche. Rapsodia su un solo tema immagina un compositore russo, tale Rafail Dvoinikov, da riscoprire. Ci pensa uno studioso americano, Ethan Prescott, che viaggia tra Philadelphia e San Pietroburgo per rintracciare il maestro e ricomporne la biografia. Nel cinema li chiamano mockumentary, finti documentari, ed è qui che l'esperimento dello scrittore aostano si dimostra forte e funzionale. Nell'intreccio di tempi, di spazi (quasi un viaggio nel tempo), di prime e terze persone, di incastri di gendering e regimi. Ne deriva un romanzo politico, poetico, sociale, che perde per strada - volutamente - gli spunti di partenza ed elabora la sostanza con una competenza tecnica di prim'ordine. Le emozioni, da principio trattenute, si liberando voltando una pagina dietro l'altra. Una scoperta che da individuale diventa collettiva, polemica e infine semplicemente emozionante.
In questi due romanzi, due scelti non casualmente da un mucchio ricco di spunti, c'è l'universo di Manni. Un universo italiano, sfaccettato, che per chi ami gli scrittori emergenti, le fucine di talento, le scommesse difficilmente in perdita, è un approdo sicuro. Pregio massimo: cura redazionale, editing e valore delle scelte editoriali. Difetto, forse l'unico vistoso: una veste grafica non sempre accattivante, che premia più le collane dei singoli titoli. Ma è un peccato veniale, basta sfogliare i volumi per rendersene conto.